5 Pensieri da evitare per affrontare un fallimento

Fallimento

Come pensare in modo sano e costruttivo

di Anna Fata

La realtà è in ampia parte costituita dalle nostre sensazioni, percezioni, emozioni, pensieri. In questo senso consta di una ampia quota di soggettività, relatività, circostanzialità. Il bello di tutto questo sta nel fatto che su queste modalità possiamo avere molto più potere di quanto crediamo, che si può sviluppare grazie ad una maggiore consapevolezza, che ci può contribuire a liberare da tanti pesi, incoerenze, paure, dolori, ansie, stress, preoccupazioni.

I nostri modi di pensare, interpretare le situazioni, noi stessi, gli altri, possono a volte essere suscettibili di convinzioni errate, pregiudizi, preconcetti, che poco attengono alla realtà dei fatti oggettivi. Spesso siamo talmente convinti di tutto questo che neppure ci sogniamo neanche lontanamente di metterlo in discussione. Quando tali idee, però, sono distorte e disfunzionali, possono ledere ampiamente la nostra salute fisica e psichica, e indurci a catena a scatenare emozioni e comportamenti distruttivi.

Il versante positivo, tuttavia, sta nel fatto che con un po’ di impegno, dedizione, buona volontà, così come siamo caduti in queste trappole, altrettanto possiamo fare per uscirne agevolmente e migliorare ampiamente la qualità dei nostri pensieri, delle emozioni, delle scelte, dei comportamenti e nel complesso dell’intera nostra esistenza e benessere.

Cos’è il fallimento

Quando la realtà non è in linea con le nostre aspettative, sogni, desideri, progetti, azioni in cui ci siamo impegnati, il dolore, la frustrazione, la delusione, l’insoddisfazione possono essere assai ingenti. A volte queste sensazioni possono essere tanto intense che, alla lunga, possono indurci a ritirarci in noi stessi, a non effettuare più alcun tentativo su alcun fronte, o, al limite, a sviluppare veri e propri sintomi di rabbia contro se stessi, gli altri, il mondo, o una vera e propria sindrome depressiva.

Paradossalmente, sembra che siano più frequenti i sogni irrealizzati a causa della rinuncia a priori a tentare di riuscire, per il timore di fallire, che non per un fallimento stesso come esito di uno o più tentativi. Le nostre ansie, paure, preoccupazioni, pregiudizi, stress tendono a renderci, quindi,m ancorati alla posizione in cui ci troviamo e in cui ci ostiniamo a persistere.

Questo sembra accadere perché in noi sono radicate delle distorsioni cognitive che alimentano resistenze, paure, timori vari, ivi compreso quello del fallimento a priori. Riconoscere e correggere tali modalità disfunzionali di pensiero ci può aiutare a superare questa stasi, stimolarci ad agire con impegno, convinzione, motivazione, e crearci così un terreno ampio di possibilità di riuscita.

Come superare le convinzioni distorte per evitare di fallire

Tra le convinzioni più diffuse e radicate che possono portare ad un fallimento, che sarebbe opportuno riconoscere e contrastare possiamo annoverare:

1. Il fallimento è personale

Quando viviamo un fallimento tendiamo a perdere di vista il fatto che, in realtà, è una esperienza che riguarda ogni essere umano, almeno una, o più volte, nel corso della sua esistenza.

In genere la conoscenza di noi stessi passa attraverso la sperimentazione di noi, delle nostre competenze, conoscenze, abilità, dagli esiti che ne traiamo, ma ancora più dal confronto con gli altri.

Nel compiere questo, però, tendiamo a perdere di vista il fatto che ciascuno di noi è unico e come tale non confrontabile, non paragonabile, non soppesabile in alcun modo, specie nei confronti degli altri. Non esistono standard di misura oggettivi per gli individui con le loro irripetibili peculiarità.

Lo stesso Michael Jordan, grande campione di basket, ebbe modo di affermare che riuscì a conquistare il successo proprio perché aveva fallito più e più volte, non perché aveva sempre vinto.

Idem fece l’altrettanto famoso Thomas Edison, che ha inventato, tra l’altro, la lampadina a bulbo: lui non parlò di fallimento, ma di reperimento di oltre 10.000 modi che non funzionavano.

Questi sono piccoli esempi di esperienze in verità universali. La possibilità di superarle sta nel non  considerarle in modo personale, come qualcosa che accade solo a noi, per sventura, destino, caso, imperizia, o nostra presunta manchevolezza o limite, che sarebbe svilente, frustrante, usurante, stressante, nocivo per l’autostima e la fiducia in noi stessi, bensì come occasione preziosa per rafforzare sforzo, volontà, motivazione, dedizione, perseveranza, abilità, pazienza, precisione e per imparare qualcosa di costantemente nuovo.

2. Il fallimento costa molto

A volte siamo talmente terrorizzati e impietriti di fronte ad un possibile insuccesso che neppure iniziamo ad agire. Questo accade non solo perché talvolta non crediamo abbastanza in noi stessi, nelle nostre possibilità di riuscire, nei nostri talenti, ma anche perché sopravvalutiamo le conseguenze che potrebbero derivare da un insuccesso.

In genere siamo talmente convinti di tutto ciò che non lo mettiamo neppure lontanamente in discussione. Lo prendiamo per vero, assoldato, stabilito e radicato, da tempo, inscritto nell’ordine delle cose e delle tradizioni, e non ci poniamo alcun dubbio in merito.

Così facendo ci priviamo di importanti possibilità con le nostre stesse mani.

Rinunciare a qualcosa a priori è la vera, prima sconfitta e, forse con scarsa consapevolezza, ce la costruiamo con le nostre stesse mani. Restare nella posizione di partenza, sebbene ci faccia sentire relativamente sicuri, perché conosciamo la familiarità delle circostanze, che è protettiva, rassicurante, alla lunga può diventare imprigionante e limitarci fortemente.

Mettere in discussione le nostre convinzioni, ivi compresa la portata reale di un insuccesso può essere il primo passo proprio per evitarlo.

3. Fallire non arreca benefici

In genere quando pensiamo al concetto di fallimento, tendiamo a prendere in esame solo i lati negativi e i limiti di esso. Difficilmente, invece, ci focalizziamo sui vantaggi e i benefici che potrebbe apportare.

Avvertiamo il disagio, il dolore, il disappunto, la frustrazione, la vergogna, il senso di colpa, ma così facendo ci disponiamo in una corrente emotiva che ci allontana dal vero senso dell’esperienza e dalla possibilità di ragionarvi sopra in modo lucido e obiettivo, che si potrebbe rivelare molto formativo ed educativo.

Ogni bambino, per imparare a camminare, attraversa una fase costellata di maggiori o minori cadute, attraverso le quali apprende l’equilibrio, il movimento, la stasi, le posture e molto altro. Se non effettuasse continui tentativi, difficilmente riuscirebbe a padroneggiare, prima o poi, questa arte.

Crescere, evolvere, migliorare significa anche passare attraverso lunghi cammini, cadute, risalite, sollevamenti, con o senza l’aiuto eventuale altrui.

4. Se fallisco, sono un fallito

Un corollario legato alla personalizzazione del fallimento sta nell’identificarsi con esso. Quando falliamo spesso finiamo con l’essere facili prede di sensi di colpa, imbarazzo, vergogna. Sono duri colpi contro la nostra autostima, la sicurezza in noi stessi, la fiducia in noi, l’immagine complessiva che nutriamo delle nostre persone e con tanta fatica ci costruiamo giorno dopo giorno. Non solo questo ci mette a disagio di fronte a noi stessi, ma anche e soprattutto di fronte agli altri, con la sottile convinzione che tutti ci possano leggere sulla fronte l’etichetta del fallito.

In realtà, un conto è quello che pensiamo, proviamo, scegliamo, compiamo, i risultati che possiamo o meno ottenere, un altro sono le nostre persone. In quanto esseri umani siamo molto di noi delle nostre scelte, azioni, apparenze.

L’esito stesso delle nostre azioni può essere il complesso risultato di numerosi, complessi fattori che si intrecciano tra loro. Contingenze, evenienze, situazioni, strumenti, tempi, modi, o anche, talvolta, semplici casualità, non comprensibili in modo logico, non prevedibili né immaginabili a priori, non stimabili né modificabili.

Non tutto è sotto il nostro stretto controllo, che ci piaccia o meno. Il nostro valore non si misura da ciò che possediamo o abbiamo conquistato o costruito nella vita, ma si estende molto di più e non è quantificabile in alcun modo. L’umanità di ciascuno di noi non ha prezzo.

Se, a volte, riporto uno o più fallimenti, semplicemente sono una persona che ha provato a incamminarsi in una direzione che però non faceva per noi o non è andata a buon fine. Questo non intaccata né ha alcuna connessione col nostro valore intrinseco.

5. Non perdo nulla a restare fermo

Se è vero che stare nei contesti conosciuti, familiari, rassicuranti ci fa stare relativamente bene, perché ci risparmia tanti rischi e incertezze, è altrettanto vero che restare confinati sempre nel medesimo spazio ci potrebbe fare perdere delle nuove, importanti, preziose opportunità.

Mantenere costantemente lo status qui, quindi, ci potrebbe costare molto caro, assai di più di quello che si potrebbe immaginare. In questi casi ci lasciamo sopraffare dalle nostre paure, più o meno consce o inconsce, per lo più legate alle ansie di provare, ed eventualmente fallire, privandoci con le nostre stesse mani di tutto ciò che, invece, di migliorativo, arricchente, evolutivo potrebbe accadere.

Spesso, inoltre, queste conseguenze non si ripercuotono solo su noi stessi, ma anche su chi ci sta intorno, creando una ben più complessa spirale di staticità involutiva.

In conclusione: talora, per dare una svolta più costruttiva alla nostra esistenza basta poco. Cambiando modalità di pensiero, a cascata, gli effetti benefici sul fronte emotivo, comportamentale, relazionale, affettivo, possono essere notevoli e magari anche insperati. Con alcune piccole strategie, si può iniziare un percorso di cambiamento e crescita personale in qualsivoglia momento. Le conseguenze potrebbero essere assai più virtuose di quanto ci possiamo immaginare.

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