Cos’è l’assertività e come coltivarla nella vita e nel lavoro

Cos'è l'Assertività

L’assertività come strumento per stare bene con sé e gli altri a casa e in ufficio
Di Anna Fata

 

assertivo

 

Comunicare è un’abilità che diamo per scontato di avere, ma che in realtà, osservando i conflitti, le incomprensioni, i dissapori che spesso caratterizzano le nostre relazioni, private e professionali, forse potremmo imparare a padroneggiare meglio.

Il termine assertività deriva dal latino e significa “asserire” e consiste nella capacità di esprimersi in modo diretto, fermo, positivo, e quando necessario persistente, al fine di creare una relazione interpersonale basata sull’uguaglianza.

All’apparenza sembra una modalità espressiva molto semplice da realizzare, in realtà può risultare molto più complessa di quanto siamo portati a credere.

Quante volte ci sarà capitato di rispondere affermativamente ad una proposta che invece avremmo voluto rifiutare, quante volte abbiamo perso l’occasione di dire cosa pensavamo per evitare di urtare l’altro, quante volte non ci siamo difesi da una critica che abbiamo ritenuto ingiusta, quante volte abbiamo preferito non rivendicare le nostre necessità, desideri, bisogni per preservare il quieto vivere.

In tutti questi casi non abbiamo comunicato in modo assertivo.

L’assertività, infatti, comprende la capacità di ergersi a difesa dei propri diritti, punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni, nel rispetto contemporaneo di se stessi e dell’altro.

L’assertività in questo senso si pone al confine tra passività ed aggressività. Si situa su un terreno intermedio in cui ci si agisce e reagisce, con decisione, fermezza, ma senza estremismi violenti. Nell’assertività si cerca di difendere i propri diritti, ma senza ledere quelli altrui. Nell’aggressività, invece, per raggiungere tale obiettivo si fa ricorso anche a espedienti che possono nuocere il prossimo.

L’assertività è molto legata all’autostima: se si difetta di assertività l’autostima è a rischio. Al tempo stesso un deficit di autostima alimenta la scarsa assertività.

 

Quali sono i benefici dell’assertività?

Secondo alcune ricerche psicologiche pare l’assertività vada di pari passo con il potere personale, il significato nella vita, il senso di competenza, l’autodeterminazione, l’impatto personale, la flessibilità cognitiva, il comportamento prosociale, l’autostima. L’assertività pare anche costituire un fattore protettivo nei confronti della depressione post parto.

L’assertività, quindi, è un comportamento che si rivela utile non solo durante una discussione, una negoziazione, per coltivare rapporti privati e professionali sereni e costruttivi, ma anche in senso ampio per la salute psicofisica.

 

Come coltivare l’assertività sul posto di lavoro?

Per poter allenare la propria assertività sono utili 3 passi fondamentali:

  1. Comprendere la differenza tra assertività e aggressività: entrambe sono mirate alla difesa dei propri diritti, ma la prima lo fa rispettando sia sé, sia il prossimo, la seconda, invece, lo fa anche nuocendo l’altro, se necessario
  2. Riconoscere e non alimentare i primi sintomi dell’innesco del comportamento aggressivo, ad esempio calore al volto, stomaco che si contrae, senso di nausea, pugni che si stringono, mascelle che si serrano, e le emozioni e i pensieri rabbiosi che immediatamente conseguono
  3. Imparare a trasformare i primi segnali di rabbia in fattori capaci di alimentare l’assertività, imparando a coltivare l’ascolto, l’empatia, la comprensione reciproca.

 

Ancora più nello specifico possono essere utili i seguenti passaggi:

  1. Trasformare l’aggressività in assertività: sul luogo di lavoro, il sovraccarico professionale, lo stress, il comportamento perfezionistico, le scadenze imminenti possono rendere poco comprensivi verso i colleghi, i dipendenti o i superiori. Riconoscere con in un lavoro di squadra ciascuno ha le sue responsabilità, sviluppare l’empatia che vede l’altro come essere umano, con anche possibili difficoltà extra professionali (ad esempio delle notti insonni a causa di un figlio piccolo o malato) possono aiutarci a risposte più concilianti e rispettose in cui si fanno presenti le proprie necessità, esigenze, priorità professionali, ma al tempo stesso si cerca di essere comprensivi con chi si ha di fronte che meglio si dispone alla collaborazione e al rispetto degli impegni presi
  2. Focalizzare l’attenzione su se stessi e non sui colleghi, superiori o dipendenti: usare il pronome “io” quando si formula una affermazione, domanda o richiesta, invece di sottolineare continuamente come o cosa l’altro dovrebbe dire, fare o essere. Fare capire come ci si sente, cosa si pensa, ma senza fare sentire l’altro responsabile dei nostri vissuti, anche perché spesso non ne ha alcuna intenzione. Noi abbiamo potere diretto su noi stessi più che sugli altri
  3. Dichiarare le proprie esigenze, necessità, priorità in modo chiaro, netto, deciso, seppure educato e rispettoso. Ad esempio, se si chiede un permesso di assenza di un paio di ore dal lavoro, domandarlo con sicurezza, senza troppi giri di parole, impegnandosi a recuperare il tempo perso di lavoro in un altro momento ben definito
  4. Attenersi fermamente ai propri propositi e intenzioni: se, ad esempio, si sono chieste due ore di permesso di assenza dal lavoro per motivi personali attenersi alla richiesta, senza farsi circuire da domande estemporanee dell’ultimo minuto
  5. Essere assertivi solo quando è necessario: cercare di comprendere l’altro, andare incontro alle esigenze altrui, a volte ha anche dei limiti. Questi limiti risiedono nel rispetto di se stessi. Non si può autenticamente rispettare il prossimo se non si rispetta se stessi. In caso contrario diventa un sacrificio di cui prima o poi si pagano le conseguenze, specie sul piano relazionale e della salute psicofisica. Esiste un fronte entro il quale possiamo manifestare la nostra elasticità, ma oltre la quale non riusciamo ad andare. Ognuno di noi deve poter conoscere il suo limite e rispettarlo.

 

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