Imparare ad amare se stessi e costruire la propria libertà
di Anna Fata
Spesso ci lamentiamo, soprattutto all’interno dei legami di coppia, che il nostro partner non è o non si comporta come vorremmo. Al tempo stesso, magari noi stessi ci sforziamo in tutti i modi di compiacere l’altro, di comprenderlo, assecondarlo e ci sentiamo delusi, amareggiati, magari anche arrabbiati se l’altro non fa altrettanto con noi.
Nonostante questa nostra più o meno manifesta insoddisfazione, frustrazione, acredine, rabbia, anche se può sembrare paradossale, abbiamo bisogno dell’altro, non sappiamo farne a meno. Cerchiamo il suo appoggio, il suo ascolto, ascolto, consolazione, vicinanza, approvazione. Al tempo stesso cerchiamo di controllarlo, per timore di perderlo.
In pratica, ci creiamo una sorta di prigione interiore con le nostre stesse mani, ci rinchiudiamo e nascondiamo accuratamente la chiave per uscirne. Crediamo che il vero problema si fuori, attorno, nell’altro, nell’ambiente e ci dimentichiamo che la soluzione potrebbe stare proprio dentro di noi.
Cos’è la codipendenza
La codipendenza è un complesso fenomeno, in parte controverso da parte della comunità scientifica, che si può definire come una condizione psicologica comportamentale in cui all’interno di una relazione una persona mostra una dipendenza da un’altra, immaturità, irresponsabilità, scarsa autonomia, forte necessità di approvazione, negazione, bassa autostima, eccessiva sottomissione, tendenza al controllo.
Si tratta di una manifestazione che per la prima volta è stata descritta dalla psicoanalista tedesca Karen Horney che nel 1941 ha definito personalità “Moving Toward” per definire le persone con scarso senso dell’autonomia che avevano bisogno di altri per perseguire la propria realizzazione.
Come la codipendenza si distingue dalla dipendenza
Esiste una linea di confine, a volte anche molto sottile, che distingue la codipendenza dalla dipendenza.
Ad esempio nella codipendenza entrambe le persone mostrano tratti di dipendenza, mentre in quest’ultima solo una delle due persone ne è caratterizzata. E’ proprio in funzione della presunta necessità dell’altro, del suo bisogno di appoggio, vicinanza, salvezza che si innesca la codipendenza.
Dipendenza e codipendenza, d’altro canto, hanno in comune insicurezza, bassa autostima, scarso ascolto dei propri bisogni, eccessiva presa in considerazione delle necessità altrui, pensieri ossessivi focalizzati sull’altro e sul proprio desiderio di sentirsi amati, schemi mentali ripetitivi, scarse capacità di autodifferenziazione.
Stili di attaccamento primari insicuri, ansiosi-evitanti, con madri intrusive o rifiutanti, ansiosi-ambivalenti, con angoscia da separazione, madri non affidabili, disorganizzati, con madri depresse o traumatizzate possono essere alla base della codipendenza.
Quello che ne deriva sono sensazioni di abbandono, deprivazione, vergogna, tradimento, vuoto affettivo, convinzione di non essere degni di amore.
Come superare la codipendenza
Superare la codipendenza è possibile, tramite un percorso interiore, per lo più con la supervisione e l’aiuto di un professionista, psicologo e/o psicoterapeuta. Anche da soli, però, si può riuscire a sviluppare consapevolezza della propria situazione e, almeno in parte, nella migliore delle ipotesi, migliorare la qualità della propria vita.
Si possono individuare a tale proposito tre passi:
- Stabilire dei confini
- Assumersi la responsabilità della propria salute e felicità
- Conoscere meglio se stessi
- Imparare ad amare se stessi.
Stabilire dei confini
Spesso le persone codipendenti fanno fatica a fissare dei confini capaci di differenziare l’altro da se stessi. Si finisce così col credere di conoscere l’altro, i suoi pensieri, emozioni, si assumono le responsabilità che in realtà spettano all’altro, ci si sente in colpa, mentre al tempo stesso si è poco consapevoli e responsabili di quello che in prima persona si prova, si vive, si pensa, si compie. Si alimenta la propria autostima agendo a favore dell’altro, pensando di aiutarlo, di risolvergli la vita.
Al tempo stesso si cerca quasi disperatamente la vicinanza, l’affetto, l’approvazione altrui. Si mettono in secondo piano le proprie necessità, pur essendo molto forti e profonde, per porre al centro quelle altrui. Vi è una ambivalenza continua tra le due posizioni al punto che la confusione interiore può essere molto ingente.
L’altro diventa il centro del mondo, le relazioni estranee a questo circolo vengono messe in secondo piano o addirittura possono essere inesistenti, c’è un senso di crescente fusione e confusione con l’altro che non fa se non aggravare questa codipendenza per ambo le parti.
Mettere al centro della propria esistenza l’altro anziché se stessi alimenta però insoddisfazione, frustrazione, rancore, risentimento, rabbia.
Riconoscere tali vissuti può aiutare a mettere un limite alla propria disponibilità e a ritornare a centrarsi su se stessi. Esistono limiti fisici, mentali, emotivi tra noi e gli altri e come tali vanno riconosciuti, definiti e rispettati. Questo implica non solo il modo in cui noi trattiamo noi stessi e gli altri, ma anche come gli altri si rivolgono a noi.
Alcune domande utili da porsi in tale fase possono essere:
- In che modo la mancanza di confini dall’altro mi sta creando dei problemi?
- Quali nuove modalità relazionali posso attuare per rimettere al centro me stesso e le miei necessità?
- In che modo tutto questo mi potrà aiutare a stare meglio?
Assumersi la responsabilità della propria salute e felicità
Alcune delle maggiori difficoltà della persone codipendenti riguardano la scarsa capacità di osservare se stessi, il proprio modo di porsi, specie all’interno di una relazione, i meccanismi di negazione, soprattutto per proteggersi dal dolore, dalla vergogna, dal senso di colpa, di vergogna che scaturirebbero dal prendere atto di alcuni meccanismi disfunzionali che si pongono in gioco.
Tali inconsapevolezze e difese, però, sono le stesse che possono impedire di mettere un freno alle proprie codipendenze.
A volte arriviamo al limite di criticare, giudicare, rimproverare gli altri per i loro comportamenti disfunzionali, ma non siamo consapevoli dei nostri né sembriamo disposti a riconoscerli. Ci ergiamo come vittime, soggetti da sacrificare, ipotechiamo la nostra felicità in nome di quella altrui.
Diventare consapevoli e responsabili di noi stessi ci mette nelle condizioni di decidere se e come agire. Noi possiamo essere responsabili solo di noi stessi e della nostra stessa esistenza, non di quella altrui su cui non possiamo avere il potere e il controllo che spesso ci illudiamo di poter esercitare.
Noi possiamo agire veramente solo a beneficio della nostra salute, non di quella altrui, perché, in realtà, dell’altro, nel profondo, sappiamo veramente poco, anche se siamo convinti del contrario. Se lavoriamo sulla nostra consapevolezza ci doniamo la possibilità di scelta e di cambiamento attivo e responsabile.
Alcune domande utili in questa fase possono essere:
- Se e come riconoscere le aree della mia persona su cui sono poco consapevole?
- A chi posso chiedere aiuto per osservare meglio me stesso e operare un cambiamento sano e responsabile?
- Come posso comportarmi diversamente rispetto al continuo cercare la felicità e il benessere fuori e attorno, anziché dentro me stesso?
- In quali modi posso iniziare fin da ora a godermi e gioire di più del momento presente?
- In che modo posso apprendere qualcosa di me stesso, grazie anche ai problemi che sento di avere?
Conoscere meglio se stessi
Il fatto di essere nati e cresciuti in famiglie in cui regna la codipendenza mette a rischio circa la possibilità che tale modello relazionale si ripeta anche da adulti. Paura, ricatti, senso di colpa, vergogna sono spesso gli strumenti adottati per fare in modo che ci si adattasse a tali modalità relazionali.
Questo clima può avere fortemente impedito l’esplorazione autonoma e spontanea del proprio mondo interiore e di quello esterno, creando un forte attaccamento al contesto famigliare che lungi dall’essere sano ha ostacolato la creazione di nuove relazioni sane, costruttive, evolutive all’esterno.
Si è imparato che occorre mettersi in secondo piano, disconoscere i propri vissuti interiori, pensieri, azioni, decisioni, si è diventati inclini ad andare incontro all’altro, compiacerlo, assecondarlo in tutti i modi al fine di ottenere quel minimo di affetto, attenzione, approvazione di cui in realtà neppure ci si sente più di tanto meritevoli.
Tutto questo si è agito in nome di una apparente quiete e serenità relazionale, dell’assenza di conflitti e dissapori, dell’evitamento del tanto temuto abbandono. Ci si è annullati, accantonati, umiliati, disconosciuti, negati nelle proprie necessità più intime e autentiche, si è messo al centro l’altro anziché se stessi, ci si è lasciati definire dai ruoli, dalle apparenze, più che dalla sostanza e si è finito di perdere di vita ciò che si è veramente e quello che per noi conta maggiormente.
Rimetterci al centro, assumersi la responsabilità di quello che si è, che si sente, si prova, si vive non è egoismo, ma una forma di rispetto e di sana autostima.
Alcune domande utili per questa fase possono essere:
- Che cosa sto provando ora?
- Quali sono i miei pensieri in questo momento?
- Che cosa conta per me veramente?
- Quali sono i miei obiettivi nel breve, medio, lungo termine?
- Come desidero sentirmi trattato dagli altri?
Imparare ad amare se stessi
Nella codipendenza sono molto frequenti vissuti come scarsa autostima, auto svalutazione, inadeguatezza, poca cura di sé, insicurezza, ansia sociale, autocritica efferata, convinzione di non meritarsi nulla di buono, a cominciare dall’amore, terrore del rifiuto, dell’abbandono, solitudine, vuoto, assenza di rispetto per se stessi, tendenza a subire abusi in nome dell’illusione di un po’ di affetto.
In questa fase si tratta di riscoprire se stessi, la propria natura più intima, profonda, autentica, e di essere disposti ad iniziare ad ascoltarla, accettarla, rispettarla, amarla.
Tutto questo passa attraverso l’osservazione, la conoscenza, l’accettazione delle proprie necessità, desideri, aspettative e la risposta adeguata a queste priorità personali. Tutti abbiamo pregi e virtù, limiti e imperfezioni, come tali vanno conosciuti e rispettati. Altrettanto si può fare con gli altri, ma occorre sempre partire da se stessi.
E’ fondamentale partire dalle basi, quelle del corpo, con le sue richieste più elementari, ma vitali, per poi passare a quelle cognitive, emotive e affettive. Prendersi cura di sé è un atto quotidiano segno di amore, salute, benessere che si alimenta con piccoli gesti ogni giorno.
Alcune domande utili in questa fase possono essere:
- Cosa posso fare nell’arco di questa settimana per il mio benessere fisico?
- Cosa posso fare nell’arco di questa settimana per il mio benessere emotivo?
- Che cosa dico a me stessa quando mi sento a disagio o sto poco bene?
- Cosa potrei dirmi, invece, per farmi stare meglio?
Spezzare una codipendenza è possibile
Infrangere un legame di codipendenza, avviare nuove modalità relazionali più sane e mature è possibile. Sono necessari tempo, dedizione, impegno, convinzione, e, all’occorrenza, un sostegno professionale. Anche da soli, in ogni caso, è possibile applicare alcune piccole strategie per sviluppare la propria consapevolezza, la libertà di pensiero, decisione, azione, al fine di costruire dei comportamenti e delle modalità capaci di farci vivere meglio con noi stessi e con gli altri.