Come affrontare i peggiori tabù del mondo: Malattia, sofferenza, morte

Martina Sozzi

Intervista a Marina Sozzi direttore di SAMCO

di Anna Fata

In un’epoca progressista, scientista, veloce, per certi versi superficiale, incapace di dare un senso e un valore alla immensa complessità che attiene al vivere e all’esistere, siamo più che mai in fuga da quelli che sembrano essere sempre più gli intramontabili tabù di sempre: la malattia, la sofferenza, la morte.

Apparenza, egocentrismo, culto dell’immagine, del corpo, dello stile, condotta di vita basata sulla volontà, la forza, la potenza, la prevaricazione, il successo, l’eterna giovinezza, la prestanza fisica, intellettuale, lo stile vincente sotto ogni punto di vista, resta poco o affatto spazio per chi fatica ad arrancare dietro questi ideali e stili esistenziali, per non coincidenza di valori, svantaggio fisico, intellettuale o emotivo, fragilità del corpo.

Non c’è più possibilità per fermarsi, anche solo un istante, per prendersi veramente cura di sé, nell’animo, prima ancora che nel corpo, per ripensare i propri percorsi di vita e per concedere uno sguardo, e, laddove possibile, un aiuto, amorevole, compassionevole, non pietistico, rispettoso alle nostre molteplici fragilità.

Perché tutti, sotto sotto, ne abbiamo e ne avremo sempre. Anche se ci possiamo illudere che non ci capiterà mai di ammalarci, in modo acuto o cronico, invalidante, o progressivo, e, peggio, di invecchiare, di giorno in giorno, e, magari alla fine anche inevitabilmente di morire.

Questo vale per noi, per il sistema di vita che ci siamo alacremente costruiti, ma anche per le persone care che ci circondando e a cui sosteniamo di tenere tanto. Anche perché osservare la loro sofferenza e, talvolta, la loro dipartita funge anche da specchio di quello che, magari, un giorno, anche noi saremo destinati ad affrontare. E così come fuggiamo da noi stessi, tendiamo inevitabilmente anche a scappare dagli altri, tanto ci è insostenibile il dolore associato a tali scene.

Di questo e molto altro abbiamo parlato con Marina Sozzi, direttrice dell’associazione SAMCO, attiva nel settore delle cure palliative.

Marina Sozzi è filosofa, tanatologa, scrittrice, ha insegnato presso l’Università degli Studi di Torino, è stata direttrice della Fondazione Fabretti, che si dedica allo studio dei temi della morte e del morire nella società contemporanea.

Dal 2012 tiene un blog dal titolo “Si può dire morte”. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo: “Reinventare la morte. Introduzione alla tanatologia” (2009), “Sia fatta la mia volontà. Ripensare la morte per cambiare la vita” (2014), “Non sono il mio tumore. Curarsi il cancro in Italia” (2019).

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