Intervista a Erika Preisig di Lifecircle sul suicidio assistito in Svizzera
di Anna Fata
Sempre più spesso veniamo a conoscenza in televisione, sui Social, o sulla carta stampata di persone che da varie nazioni, tra cui anche l’Italia, si recano all’estero per trovare un sollievo definitivo alle loro sofferenze, fisiche e psichiche.
In modo spesso improprio e scandalistico si definisce questo fenomeno “turismo della morte”, sottolineando di frequente gli interessi economici sottostanti, la facilità e la comodità di un percorso e di un processo di assistenza, conforto, conclusione di una esperienza sanitaria insostenibile che nel proprio Paese di appartenenza, compresa l’Italia, non trova una risposta adeguata.
Si banalizza, si ignora, si svaluta quello che a tutti gli effetti è un vero percorso esistenziale, che attiene non solo alla sfera corporea, ma anche a quella intellettuale, morale, etica, religiosa, culturale, sociale, psicologica e sociologica.
Non se ne parla abbastanza e quel poco di informazioni che circolano tendono ad essere imprecise, scandalistiche, sensazionalistiche, svalutanti e semplicistiche.
Per saperne di più abbiamo intervistato la Dottoressa Erika Preisig, Medico di Famiglia, Presidente in carica di una delle Associazioni svizzere che ogni anno accompagna numerose persone verso il suicidio assistito.
Lifecircle è una Associazione che da decenni promuove e offre la possibilità di auto determinazione nella vita e nella sua conclusione, al fine di preservare e promuovere la sua qualità. La convinzione di fondo è che la vita rappresenti in dono più grande e prezioso di cui si possa disporre, anche se in certi momenti può diventare insostenibile, dato il peso della sofferenza psicofisica che reca con sé. Per questo motivo la Associazione si impegna attivamente a migliorarne la sua qualità.
