Dimmi come spendi il tuo denaro, ti dirò chi sei

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I comportamenti di acquisto possono svelare la tua personalità
Intervista a Giovanni Lapidari
di Anna Fata

Nulla è stato più dibattuto, forse, amato, odiato, desiderato, ambito, temuto come il denaro. Da che mondo e mondo gli esseri umani cercano di scambiarsi dei beni, prodotti o servizi, in modo equo e paritario. Si provò con il baratto e poi si cercano forme di scambio con criteri un po’ più oggettivi per quantificare il valore delle merci.

Ci si è riusciti?
Forse in parte, ma non del tutto.

Il valore che attribuiamo agli oggetti contiene e conterrà sempre una quota di soggettività e con essa anche di simbolismo. Basti pensare ad oggetto costruito con le proprie mani, oppure donato da una persona o tenuto con sé da tanto tempo e che nel momento in cui si decide di rivendere viene da noi valutato a livelli forse più elevati rispetto a quelli che oggettivamente meriterebbe.

Non solo beni e servizi constano di un valore simbolico e rappresentativo di istanze interiori, personali, soggettive, ma anche culturali, storiche, sociali, filosofiche, ma anche la stessa valuta con cui avvengono gli scambi subisce tali proiezioni.

Il denaro non è solo denaro, moneta sonante (o dematerializzata, elettronica), è anche strumento di sussistenza, sicurezza, svago, vanto, serenità, gioia, lite, guerra. E’ qualcosa di desiderato, ambito, agognato, ma che può suscitare anche vissuti contrastanti, colpa, autosvalutazione, insicurezza, panico, e molto altro.

I vissuti simbolici, emotivi, affettivi, cognitivi, i pregiudizi, le aspettative, le attese legate ai soldi oggi più che mai non sono più pertinenza esclusiva di studio e analisi da parte degli psicologi, ma stanno entrando sempre più anche nelle ricerche degli economisti, dei trader, degli analisti finanziari, degli uffici commerciali e di marketing delle aziende, tra gli scaffali dei supermercati e ovunque ci sia qualcosa che possa essere commerciato e legato ai soldi.

Di questo e molto altro abbiamo parlato con Giovanni Lapidari, promotore e analista finanziario, trader, formatore, Autore del libro: “Trader si diventa”.

 

D: La tua professionalità vanta una esperienza di numerosi anni ormai: hai iniziato la tua attività nel lontano 1979. Come è cambiata la società e con essa le persone nel loro rapporto nei confronti con il denaro?

R: E’ cambiato ben poco, però sostanzialmente. Questa risposta è volutamente/apparentemente contraddittoria, e provo a darti la mia interpretazione.

Di base l’atteggiamento che le persone hanno verso il denaro non è mutato in questi ultimi anni.

Trent’anni fa esistevano i generosi, ma io lavorando in banca ho conosciuto una quantità industriale di persone avide. C’era molto più benessere e sicuramente prospettive più ottimistiche, ma anche allora incontravo imprenditori e persone benestanti che stavano a guardare le 1000 lire, così come al contrario ci si poteva imbattere in esseri umani che non erano così attaccati al loro patrimonio.

Quello che invece trovo sia decisamente mutato è il concetto di preoccupazione che si lega ai soldi.

Le attività di investimento sono ormai conosciute anche fuori dal mondo ristretto degli addetti ai lavori e, con la complicità dei nuovi modelli di “successo” che il mainstream ci presenta, sempre più persone sono attirate dal denaro, e ancor di più dal modo in cui esso viene presentato al grande pubblico: un mezzo per riscattarsi da una vita che poco soddisfa, un mezzo per elevarsi rispetto alla massa, un mezzo per creare benessere in modo facile e veloce.

Soprattutto quest’ultima sensazione trovo si stia facendo molta strada: me lo spiego con il crescente senso di ansia e di insicurezza che si diffonde ormai in modo trasversale in tutti gli strati sociali.

Il panico esistenziale richiede risposte veloci, e il marketing della finanza è stato molto bravo ad intercettare questo bisogno latente, questa necessità di non guardare tanto per il sottile da parte della gente che cerca cose che curino la foglia più che la radice.

Proliferano pertanto, veicolate in gran parte tramite il mondo dei social, ricette magiche per far sì che i soldi vengano a noi. Una società sempre più orizzontale, che cerca risposte ai bisogni primari senza troppo corollario di filosofia verticale, sta alimentando questo concetto del soldo, a mio modo di vedere molto perverso.

Parlo ovviamente a titolo personale, ma trovo che tutto questo sia una pessima cosa, perché energeticamente non attira il denaro verso chi lo cerca, ma anzi lo separa dai destini dei più.

 

D: Rispetto agli altri Paesi europei quali sono le differenze principali che differenziano noi italiani nel nostro approccio con i soldi, il mondo della finanza e, in generale, dei consumi?

R: Ritengo sia una differenza di atteggiamento “religioso”, e in un certo senso anche politico. Alla mentalità italiana il denaro piace, ma non quello guadagnato con il duro lavoro, bensì quello in fondo rubato alle Entità, prima fra tutte lo Stato, che l’italiano medio vede storicamente da sempre come nemico.

Va poi ricordato che le generazioni che ci hanno messo al mondo vengono da decenni di educazione catto-socialista, che vedeva nel denaro lo sterco del diavolo e comunque una cosa che difficilmente poteva essere accumulata onestamente (ovvero con il lavoro serio intelligente piuttosto che con il risparmio avveduto).

I tassi di analfabetismo funzionale che il nostro Paese presenta toccano pertanto anche il tasto degli investimenti, della finanza in generale e anche dei consumi voluttuari. Spendiamo molto in telefonini, assai meno in libri e formazione. Ci piace la gratuità, il pagare poco e ottenere tutto e subito.

All’estero, in particolar modo nei paesi a mentalità anglosassone, il Denaro e il Lavoro sono entrambi simboli di realizzazione personale. Si aprono imprese con il gusto di espandersi, di creare ricchezza per sé e anche per gli altri (questo soprattutto negli Stati Uniti, va detto), mentre da noi molte attività con partita Iva denotano ancora una mentalità che fa fatica a stare al passo con i tempi. Tempi che richiedono, invece, meno scorciatoie e più impegno.

Purtroppo poi anche la politica non ha mai dimostrato di essere interessata allo sviluppo di una finanza moderna: i provvedimenti emanati negli ultimi 10 anni denotano platealmente una crescente avversione di una rilevante parte del nostro parlamento verso la Borsa e le attività di finanza più evoluta; tassare in maniera incisiva le plusvalenze e le operazioni di borsa in nome di una ideologia pauperistica mi fa capire che purtroppo, ci piaccia o meno, stiamo sempre più facendo a cazzotti con il resto del mondo e della direzione che è stata presa da altri paesi.

 

D: Ci racconti in cosa consiste nello specifico il tuo lavoro e come puoi essere utile alle persone che si rivolgono ai tuoi servizi?

R: A titolo personale io mi occupo di trading, che è un’attività di compravendita di strumenti finanziari legata ad orizzonti temporali di brevissimo termine. L’analisi dei mercati in tempi così stretti è comunque richiesta da una clientela che possiede tempo e sufficienti risorse da dedicare ad un impiego particolare di una parte del proprio capitale.

Questa clientela mi frequenta tramite le pagine in area riservata del mio sito Lapidari.it, nel quale scrivo analisi sui principali indici di borsa, titoli obbligazionari, valute e materie prime.

In sostanza, mi piace il mondo dell’economia e dei dati che ne riflettono l’andamento, più che osservare le evoluzioni dei prezzi di singole azioni, che ovviamente con la coda dell’occhio comunque seguo. Mi viene infatti richiesto con cadenza settimanale di collegarmi da casa con le principali trasmissioni televisive che si occupano di finanza, sui canali Sky di Class cnbc, Le Fonti tv e similari emittenti in streaming.

Chi si rivolge ai miei servizi è comunque un investitore abbastanza evoluto e caratterizzato da una mentalità più aggressiva della media; è una persona che cerca una traduzione fedele, semplice e anche efficace dei movimenti a volte poco chiari dei principali mercati finanziari che, come noto, risentono della congiuntura internazionale ma allo stesso modo sono spesso manipolati dalle notizie improvvise, come i tweet di Trump.

Ho quindi il ruolo di essere una bussola soprattutto quando la navigazione avviene in mare aperto con onde un po’ più alte del solito. Questo è il mio lavoro dal 2008, e credo sia stato finora molto apprezzato.

 

D: Quale è l’iter di studi e di pratica che porta a svolgere la tua professione?

R: Fortunatamente o meno (sono l’ultima persona titolata a parlare in tal termine) non è necessario laurearsi in economia per occuparsi di analisi finanziaria. Io ho avuto la grandissima fortuna di poter operare per tanti anni nel settore bancario e assicurativo, e quella è stata una grandissima opportunità, perché ho fatto formazione sul campo e a 360°.

Aiuta saper leggere un bilancio, come essere in grado di valutare i rischi e opportunità non solo quando si investe denaro ma anche quando lo si richiede in prestito. Questo non significa che la laurea il percorso universitario siano una cosa negativa, tutt’altro, ci mancherebbe. Spesso però l’Università manca di concretezza e fornisce una preparazione molto teorica e decisamente poco in linea coi tempi.

Diciamo che è necessario avere un carattere molto curioso, essere capaci sacrificare il proprio tempo per lo studio dei mercati, e aver voglia di leggere molto e di viaggiare per conoscere persone e situazioni disparate.

Deve anche non pesare più di tanto stare al computer 10 ore al giorno. Il nostro lavoro è molto faticoso, più di quanto non sembri, e lo si può fare soltanto se si ha una perfetta forma psicofisica. Se sei stanco o triste, spesso è meglio evitare. Bisogna pertanto cercare di fare una vita sana e di circondarsi di sensazioni e persone positive, rinunciando a molti gadget esistenziali. Attenzione: parlo di vita sana, senza attitudini monacali 😊.

 

D: Nei tuoi 40 anni di attività professionale avrai conosciuto numerosissime persone. Se dovessi tracciare un’analisi psicologica di massima, in linea generale quali tipi di personalità degli individui si possono individuare in relazione agli investimenti e ai risparmi (es. il tirchio, l’ossessivo, il controllore, il pauroso, l’avventato, l’istintivo, ecc.)?

R: Tutte quelle che hai indicato prima, a cui aggiungerei l’ansioso/ansiogeno, i cercatori di scorciatoie, il giocatore d’azzardo, il complottista rosicone….. Insomma tutti i tipi che possiamo incontrare anche andando a far la spesa al supermercato.

 

D: Alla fine degli anni ‘90 c’è stato il boom degli investimenti in borsa da parte dei piccoli risparmiatori, in molti casi senza la dovuta preparazione. Questo ha portato molte persone a dissipare i risparmi di una intera vita. Se oggi una persona volesse investire in borsa autonomamente, che consigli ti sentiresti di dare?

R: Consiglierei di studiare molto (oggi ci sono davvero numerosi libri adatti a tutti i livelli di preparazione), di leggere con impegno costante i due principali quotidiani italiani che si occupano di finanza, almeno nelle edizioni del sabato dove c’è più materiale didattico da consultare.

Male non fa comunque partecipare alle più importanti manifestazioni del settore, anche se ultimamente sono infestate da venditori di pentole.

Infine, dopo aver fatto un’importante, sereno e sincero esame di coscienza su quanto, da 1 a 10, teniamo ad un impiego profittevole del nostro denaro, a quel punto sarà opportuno concretizzare lo studio sui libri attraverso simulazioni di operatività reali di investimento tramite le piattaforme demo che molti intermediari offrono.

Si tratta di software che presentano dinamiche reali sui movimenti dei prezzi, ma sui quali si può operare con denaro virtuale.
Un po’ come fanno i piloti di Formula 1 che studiano i circuiti tramite la Playstation.

Una volta che avremo poi creato una base, sarà opportuno frequentare corsi di formazione con insegnanti qualificati, anche se purtroppo sono molto pochi quelli davvero seri e capaci di insegnare. Puoi essere un bravissimo operatore, ma totalmente carente di maieutica perché non è nel tuo DNA.

 

D: Nelle scelte, nelle decisioni di acquisto, consumo e in tutta l’esperienza che questo comporta, sia per i prodotti, sia per i servizi la componente emotiva e percettiva conta moltissimo, assai più di quanto possiamo immaginare. In breve: siamo più irrazionali di quanto crediamo. Potresti offrirci qualche consiglio concreto per investire e spendere bene, senza cadere nel tranello di trappole emotive o pregiudizi o distorsioni cognitive?

R: E’ difficile in poche righe riassumere quello che potrebbe essere il consiglio del buon padre di famiglia su un argomento così profondo.

Conosci te stesso, diceva qualcuno.

A questa frase storica, io aggiungerei: accetta te stesso.

Tieni presente che il tuo atteggiamento verso il denaro riflette l’educazione che hai ricevuto, ed è quindi un prodotto direttamente collegato al software che chi ti ha messo al mondo ha attivato dentro la tua anima durante gli anni dell’infanzia.

Se ad esempio i tuoi genitori sono state persone che hanno fatto fatica a portare avanti la famiglia, può darsi che il denaro sia per te frutto di una piccola/grande angoscia, perché ti ricorda gli anni difficili in cui non sempre il frigorifero era pieno.

Se i tuoi genitori sono state persone molto benestanti e che ti hanno fatto crescere fra otto guanciali, può darsi che non darai sufficiente valore al denaro perché non te lo sei guadagnato con i tuoi sforzi ma sei fortunatamente nato con una buona camicia.
Ripeto: può darsi. Non è questa una regola valida nel 100% dei casi.

Vedi, Anna, il denaro non è cattivo: con i soldi si possono comprare le armi, ma anche costruire ospedali.
È l’uso che se ne fa, che ne diversifica i suoi effetti e i suoi risultati.

Dobbiamo accettare l’idea che il denaro serve, e che senza di esso la vita è meno serena, a partire dal fatto che per esempio curare la nostra salute non è comunque cosa gratuita.

Va anche accettato il fatto che il denaro perso nelle attività finanziarie è molto simile a quello che perdono gli imprenditori quando creano aziende nelle quali fanno investimenti: alcuni di essi sono redditizi, altri meno.

Dobbiamo accettare pertanto che i soldi sono importanti, ma a volte ne bastano meno di quelli che pensiamo.
La qualità della vita, grazie a Dio, non dipende solo dall’ampiezza del nostro portafoglio.

In ultimo, suggerisco di fare pace con le nostre paure. Infatti, quando ci occupiamo dei nostri soldi, si dice che oscilliamo fra la paura e l’avidità (la paura di perderli e l’avidità di volerne fare di più). Questo secondo termine va però rivisto nel suo significato più profondo, perché quando si ha desiderio di volere di più è perché si pensa che quello che abbiamo non basti, e ciò sta realmente a significare che l’avidità dovrebbe chiamarsi anch’essa paura: paura che ciò che abbiamo non ci tuteli mai del tutto.

Le dinamiche psicologiche delle persone compulsive sono proprio frutto di questa paura. C’è chi fa tanto sesso perché ha paura di rimanere solo, c’è chi gioca molto denaro perché ha una storia di “povertà” alle spalle (io infatti, che ho molto rispetto della povertà vera, la definisco Poverite).

Essa è quindi figlia di un’insicurezza di fondo, e anche qui la nostra storia familiare ci può aiutare a comprendere meglio il tutto, sempre però con un occhio benevolo verso chi ci ha cresciuto.
Sarà perché i miei genitori mi mancano molto, ma io penso che per ognuno di noi il papà e la mamma hanno fatto tutto il possibile, e se a volte non ci hanno dato quello che desideravamo è perché a loro per primi era mancato.

 

D: Secondo te, da trader, ma anche conoscitore delle persone e dell’animo umano, per poter avere un rapporto sereno ed equilibrato col denaro da adulti come dovrebbero comportarsi i genitori con i loro figli per educarli in questo processo?

R: Dovrebbero educarli al rispetto delle persone e di conseguenza anche delle cose, dovrebbero insegnare loro che nulla si ottiene senza sacrificio e nulla va sperperato per incoscienza. Diceva un tale che se devi commettere un errore, fallo sempre per prudenza e mai per incoscienza. Io credo nel potere salvifico dei sogni, ma credo soprattutto nel potere nella forza rivoluzionaria dell’impegno. Che sia per costruirsi una professione piuttosto che per trovare la strada più in linea con i desideri della nostra anima, poco cambia.

 

D: Per concludere, uno sguardo sul futuro. Il denaro sembra diventare sempre più centrale nelle relazioni nazionali e internazionali, nella società, nelle famiglie, tra gli amici. Il modello di rapporto che abbiamo col denaro, con i beni, gli oggetti, tipico del consumismo basato sull’uso, il consumo, la rapida obsolescenza, l’immissione di nuovi desideri e presunti bisogni, l’insoddisfazione, la sostituzione, sembra pervadere sempre più la società e, peggio, anche i nostri rapporti più prossimi e intimi. Il denaro ci illude di renderci onnipotenti, salvo poi rinfocolare frustrazioni, insoddisfazioni e presunte mancanze, in primis di affetti e felicità. Secondo te, come sarà il futuro individuale e sociale con queste prospettive ed, eventualmente, se e come sarà possibile un cambio di rotta?

R: Oggettivamente parlando, per il futuro vedo la stragrande massa delle persone sempre più infelice perché sempre più si rapporterà con falsi modelli e obiettivi.

La mia generazione è cresciuta scambiando le figurine Panini, e se avevamo un manifesto in camera, tolto quello di Che Guevara (per chi era politicamente impegnato), era quello di Jimi Hendrix.

Oggi le ragazzine vogliono fare una vita come Chiara Ferragni, mentre i maschietti guardano Gianluca Vacchi.

Massimo rispetto per questa ragazza che ha saputo costruire un impero sulla sua immagine, ma a me piacciono più i modelli dei grandi imprenditori alla Sergio Marchionne, degli inventori alla Steve Jobs, dei capitani d’industria come Jack Ma.

In tutte queste storie ho visto sacrificio, e non solo talento. L’etimologia della parola Sacri-ficio vuol dire rendere una cosa sacra. Penso che nel futuro riusciranno ad evitare questo Matrix solo le persone che renderanno sacra la loro vita, perché per primi hanno reso sacra la loro anima.

 

 

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