Perché curare la salute mentale anche al lavoro

curare la salute mentale anche al lavoro

Come una persona equilibrata può beneficiare l’azienda

di Anna Fata

Secondo i dati Istat di aprile 2019 il tasso di occupazione in Italia è pari al 58,8%, la disoccupazione è al 10,2% e l’inoccupazione al 34,3%.

Per comprendere questi dati correttamente occorre ridefinire alcune terminologie. Le variazioni in positivo sul tasso di occupazione, infatti, ad esempio, non sempre né necessariamente si giustificano con un aumento di posti di lavoro, ma magari per un accrescimento del tasso di inattività che induce le persone a non cercare più un lavoro. Allo stesso modo una elevazione del tasso di disoccupazione può essere causata da una diminuzione della inattività con maggiori persone che, con speranza, hanno ricominciato a cercare un impiego.

Quando si parla di persone occupate si intende coloro che hanno svolto almeno un’ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento, oltre alle persone assenti dal lavoro nello stesso periodo. I disoccupati, o in cerca di occupazione, rappresentano coloro che cercano attivamente un lavoro o sarebbero subito disponibili ad accettarlo. Gli inoccupati sono coloro che non hanno mai svolto una attività lavorativa, né subordinata, né autonoma, ma la ricercano. Gli inattivi, infine, sono coloro che non lavorano né cercano un impiego, o non sarebbero disposti ad accettarlo per vari motivi (es. studiano, sono in pensione, sono casalinghe, hanno una malattia invalidante).

Le condizioni di lavoro

Quando i posti di lavoro sono insufficienti rispetto alle persone disponibili a ricoprirli, spesso si cerca di adattarsi a rivestire ruoli e funzioni che sono demansionati rispetto alla propria cultura, formazione ed esperienza e con stipendi più bassi rispetto a quelli a cui si aspirerebbe.

Insomma, in molti, oggi più che mai, ci si trova a svolgere lavori che non sono esattamente quelli che avremmo sognato oppure per cui abbiamo studiato, oppure nella azienda prestigiosa in cui ci eravamo immaginati.

Come se non bastasse spesso anche le condizioni del lavoro, i turni, gli orari, la sicurezza, il sovraccarico delle mansioni possono mettere a dura prova la nostra resistenza psichica e fisica. Purtroppo, però, anche se molto in tema di previdenza e sicurezza è stato fatto, non solo sono ancora troppo numerosi gli incidenti che si possono verificare, i danni temporanei o anche permanenti che possono provocare, ma quello che sembra ancora molto carente è tutto ciò che attiene alla salute mentale sul posto di lavoro.

La salute mentale al lavoro

Il 28 aprile 2003 è stata istituita dalla Organizzazione Internazionale del Lavoro la Giornata mondiale della sicurezza nei luoghi di lavoro. Prevenzione, protezione, formazione, informazione sono i termini più ricorrenti che indicano un aumento di sensibilità e attenzione verso la salute dei lavoratori, soprattutto per quanto attiene alla incolumità fisica.

Resta ancora molto da fare sul piano psichico e psicologico. Questi argomenti, soprattutto nel contesto professionale, sembrano rappresentare oggi ancora un piccolo, grande tabù.

Morra Aarons-Mele, in un articolo pubblicato sulla Harvard Business Review, sostiene che se proviamo un disagio emotivo in ufficio in genere tendiamo a dissimulare, a nascondere, ci tratteniamo, evitiamo di manifestare apertamente ciò di cui avremmo bisogno. Spesso lo stress finisce per accumularsi nel tempo, finché magari un giorno un evento di maggiore entità ci conduce inevitabilmente al crollo.

Una delle maggiori distorsioni del pensiero che possiamo alimentare consiste nel credere che un disagio psicologico riguardi esclusivamente la persona che lo sta provando, quando invece, poiché le emozioni sono sempre contagiose, qualunque esse siano, si diffonde in tutto l’ambiente di lavoro e finisce con l’intaccare la qualità dell’operato di tutti e magari dell’intera azienda.

Il lavoro intellettuale e la salute mentale

La salute mentale sul luogo di lavoro non è una problematica che nasce oggi, ma ultimamente, complice la cosiddetta crisi economica e il peggioramento generale di molte condizioni di lavoro, sta incontrando una rapida ascesa.

Secondo una ricerca pubblicata su Journal of Occupational and Environmental Medicine pare che questa recrudescenza sia dovuta al generale mutamento della natura stessa del lavoro. I problemi di salute mentale tendono a impattare in modo particolare i lavoratori dell’intelletto, in cui attenzione, creatività, problemi solving, capacità decisionali, spirito di squadra, leadership sono fondamentali. La società e le professioni basate sull’ampliamento e la trasmissione delle conoscenze, quindi, sembrano destinate a comportare un aumento delle problematiche di salute mentale.

Anche le innovazioni tecnologiche e digitali paiono concorrere alla trasformazione del lavoro e a fare risentire i loro effetti sul benessere o malessere interiore. Se è vero che il lavoro flessibile, da remoto, possono offrire grandi opportunità di delocalizzare le aziende e permettere anche di svolgere le proprie mansioni da casa o altrove, questo sta destabilizzando il già labile confine tra vita privata e professionale.

Secondo Camille Preston, Autrice del libro: “Rewired: How to Work Smarter, Live Better, and Be Purposefully Productive in an Overwired World”, essere oberati di lavoro, tendenza in crescita esponenziale pressoché ovunque, determina alti costi sia sul piano professionale, sia su quello personale e impatta altamente la salute fisica, psichica, mentale, interpersonale, finanziaria. In questo modo si crea un circolo vizioso che si autoalimenta, in cui l’esaurimento fisico e mentale si riflette sul depauperamento delle relazioni e sulla riduzione della produttività in termini di qualità e quantità.

In questo clima professionale ansia, stress, depressione, attacchi di panico, burn out, calo delle difese immunitarie sono sempre più all’ordine del giorno e si riflettono sul corretto svolgimento delle proprie mansioni e l’espletamento dei propri ruoli in ufficio.

I costi della sofferenza mentale in ufficio

Ignorare le sofferente mentali ed emotive dei propri dipendenti, fingere di non vederle, aspettare che passino da sé o sperare che ci pensino per loro conto a risolvere non contribuisce a limitare i danni, ma anzi li accentua e li radica ulteriormente con gravi ripercussioni nel tempo e su un numero sempre più ampio di lavoratori, rispetto ai quali tale disagio di riflette ed espande a macchia d’olio.

La World Health Organization calcola che disturbi quali ansia e depressione da soli possono arrivare a costare alla economia globale fino a un trilione di dollari ogni anno nella forma di mancata produzione. Sembra che nel mondo oltre 300 milioni di persone soffrono di depressione, che oggi appare come una delle cause principali di disabilità, che spesso si accompagna anche a sintomi ansiosi.

Come è evidente, non tutte le persone affette da depressione o ansia possono rinvenire le cause del loro malessere alle loro condizioni professionali, ma delle condizioni disagevoli di lavoro è sempre più evidente che rappresentano una causa rilevante di problemi fisici e mentali, abuso di alcool e sostanze stupefacenti e calo drastico della produttività.

Come creare un piano per la prevenzione e la cura della salute mentale

Secondo i dati disponibili dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, però, è evidente che le aziende che investono nella prevenzione, informazione e cura della salute mentale dei loro dipendenti riferiscono minori tassi di assenteismo, aumento della produttività e migliori introiti economici. Investire in salute mentale dei dipendenti, quindi, comporta dei vantaggi economici evidenti per l’azienda.

Poiché la salute mentale riguarda ogni persona in azienda, e nessuno è immune ad un eventuale contagio da parte di chi ne soffre, forse la strategie migliore per promuovere questo tipo di cultura passa proprio attraverso il coinvolgimento dei leader aziendali. Essi si dovrebbero impegnare nel creare un clima aperto, basato sulla condivisione, il rispetto e l’accettazione di queste problematiche al fine di poter intervenire attivamente e repentinamente sul nascere quando questi sintomi si cominciano a manifestare in una o più persone.

Questo si può realizzare creando, ad esempio, degli spazi e dei luoghi in cui poter parlare apertamente dei disagi che si provano e in cui trovare delle soluzioni concrete e positive ad essi, evitando qualsivoglia forma di pregiudizio o tabù.

L’investimento che si può effettuare in questo tipo di iniziative, considerate le perdite economiche che questi disagi psicologici e mentali comportano per l’intera azienda, nel breve e medio termine può ritornare ampiamente. Inoltre, i benefici non saranno solo nella forma economica, ma anche di aumento della fedeltà aziendale, nella maggiore collaborazione, cooperazione, consolidamento dei legami umani e professionale, nella fiducia, nel rispetto, nel coinvolgimento che a loro volta contribuiscono ad aumentare la qualità e la quantità della produttività e del fatturato.

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