Quando si confonde la fame fisiologica con la fame emotiva
di Anna Fata
L’Emotional Eating è tipico di quelle persone che ricorrono al cibo quando sono in preda a vissuti emotivi.
Pare che questa abitudini affondi le sue radici nell’infanzia, quando il cibo per tali persone veniva usato come gratificazione, remunerazione, premio, consolazione, ricatto, compensazione, consolazione, in generale per altri fini che non fossero quelli strettamente connessi alla fame organica.
In questo modo il cibo è diventato il mezzo con cui affrontare ogni tipo di emozione, positiva oppure negativa che non si era in grado di gestire: ansia, noia, tristezza, agitazione, ma anche grande gioia, attesa.
Quando si sviluppa
Questa modalità comportamentale si instaura nella cosiddetta fase di sviluppo “orale”, caratterizzata dalla bocca come strumento di esplorazione, conoscenza del mondo e di piacere. Se in questa fase si verifica una forte carenza di affetto percepito, il neonato cerca compensazione con l’unica modalità che in tale fase risulta per lui disponibile: la bocca.
Se negli anni non si risolvono i blocchi emotivi che in questa fase si verificano, si rimane, o a volte si regredisce in tale fase, in caso di ulteriori disagi, traumi, situazioni problematiche, e si utilizzano le stesse modalità per affrontare le situazioni.
Il cibo (o altre gratificazioni orali, alcool, sigarette, chewingum, caramelle, sesso orale, ecc.) diventa a quel punto l’unica forma di gratificazione, affetto, conforto, consolazione che in altro modo non si riesce ad ottenere.
Quali emozioni sottostanno alla fame emotiva
Spesso la fame emotiva sottende diversi tipi di emozioni:
Tristezza
Può derivare da una delusione, una perdita, una sconfitta, un abbandono. E’ diversa dalla depressione, che implica una distorsione del pensiero che interpreta in modo errato una situazione, prevalentemente catastrofico, irrazionale, egocentrato, che conduce a disistima, pessimismo, errata valutazione di sé, calo della libido, aumento o decremento dell’appetito.
Ansia
E’ legata alla preoccupazione per un evento possibile o certo che si deve affrontare. E’ diversa dalla paura, che implica una situazione di reale pericolo e minaccia per l’incolumità in modo immediato e concreto. L’ansia deriva da un lavorio mentale precedente all’evento.
Noia
E’ probabilmente l’emozione più di frequente associata all’Emotional Eating. In essa il cibo viene vissuto come diversivo, stimolazione, cambiamento di attività, introduzione di novità.
Solitudine
Il cibo viene sentito come compensazione, riempimento al posto di qualcosa d’altro. L’incremento di peso che spesso consegue a questo comportamento limita ulteriormente la propria vita sociale.
La solitudine può derivare da una effettiva mancanza o carenza di rapporti sociali, oppure dalla loro presenza in forma superficiale.
Il rischio in queste situazioni consta nella tendenza a rinchiudersi ulteriormente in sé, coltivando pensieri negativi, pessimistici, circa la propria possibilità e capacità d’inserimento sociale, calo dell’autostima, autosvalutazione, tristezza, ripiegamento su di sé, auto esclusione
Rabbia
Può assumere diverse sfumature, acredine, rammarico, risentimento, indignazione, implica frustrazione per non essere riusciti ad ottenere ciò che si è desiderato, oppure per la sua perdita.
Il cibo rappresenta una valvola di sfogo, di scarico, dell’emozione repressa e spesso per nulla avvertita. Vi può essere la compresenza di gastralgie, cefalea, cervicalgia, o altri dolori corporei legati alla tensione muscolare.
Gioia
Si mangia per celebrare un evento, auto gratificarsi, concedersi un “premio”. Sono situazioni che portano a volte ad esagerare con il cibo, in contesti sociali e/o in solitudine.
Per approfondire leggi il libro: “Lo Zen e l’arte di cucinare”