Emozioni: come diventare amici delle proprie emozioni

Emozioni

4 Strategie per coltivare le emozioni e vivere meglio

di Anna Fata

Le emozioni permeano ciascuno di noi, anche se spesso non ne siamo consapevoli. Tutti proviamo emozioni, in misura maggiore o minore a seconda delle personalità, della fase di vita, della situazione, dell’ambiente sociale, culturale, educativo, storico in cui siamo immersi.

Siamo sicuri di sapere cosa sia una emozione, come sorge, si manifesta, influisce sul nostro pensiero, sulle azioni, sulla salute, sulle relazioni con gli altri, con le prestazioni scolastiche, professionali, sportive e in generale di vita quotidiana?

Cosa sono le emozioni

Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Sono processi interiori che comportano sensazioni soggettive, cambiamenti dello stato fisiologico, comportamenti espressivi.

Pare che le emozioni abbiano un valore adattivo rispetto all’ambiente perché sono in grado di mobilitare l’energia necessaria per fronteggiare una situazione di emergenza.

Negli anni sono state formulate diverse teorie che tentano di spiegare la natura e i processi emotivi e sono state condotte numerose ricerche scientifiche in merito. Sono stati analizzati in particolare le basi neurofisiologiche delle emozioni, gli aspetti cerebrali, viscerali, endocrini, elettrofisici, i correlati cognitivi, il legame col pensiero, la presunta universalità di alcune emozioni di base (rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità, sorpresa), gli aspetti consci e inconsci.

A cosa servono le emozioni

Anche in merito alla funzione delle emozioni sono state formulate nel tempo diverse teorie: si è passati dal valore adattivo all’ambiente, alla sopravvivenza, alla preparazione all’azione, alla regolazione delle relazioni interpersonali, alla modulazione delle risposte cognitive e razionali,

Non sono mancanti, oltre agli studi psicologici, anche quelli sociali: in questo senso si è notato come le emozioni possono risentire ampiamente del substrato sociale, economico, storico, culturale dell’ambiente in cui vivono le persone. Questo pare valere più che altro per le emozioni altamente complesse. La violazione delle regole, più o meno esplicite, della regolazione delle emozioni, specie in pubblico, può compromettere anche gravemente il buon funzionamento delle relazioni sociali.

Lo studio delle emozioni, d’altro canto, è forse una delle aree privilegiate in cui si condensa un approccio olistico e integrato in cui l’intero corpo funge da veicolo di trasmissione ed espressione di esse.

L’Intelligenza Emotiva

L’apice dell’interesse nello studio e ricerca nel campo degli stati emotivi si è avuto con la formulazione del concetto di Intelligenza Emotiva – poi reso famoso e popolare, anche a livello mondiale dai saggi di Daniel Goleman – che è stata definita nel 1990 da Peter Salovey e John D. Mayer come:

“La capacità di controllare i sentimenti ed emozioni proprie ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”.

A loro avviso l’Intelligenza Emotiva è composta da:

  • Valutazione ed espressione delle emozioni
  • Regolazione delle emozioni
  • Utilizzo delle emozioni.

In seguito la definizione di Intelligenza Emotiva è stata ulteriormente perfezionata come segue:

“L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione; l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva; l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale”.

Come coltivare le nostre emozioni

Secondo Marc Brackett, fondatore e direttore del Yale Center for Emotional Intelligence t e Brené Brown è fondamentale coltivare fin da’’infanzia la nostra Intelligenza Emotiva. Tutti dovremmo diventare degli “scienziati emotivi”, invece che dei “giudici emotivi”. E’ possibile, quindi, farsi amiche le nostre emozioni e fare in modo che esse cooperino al meglio per la nostra salute fisica e psichica.

Secondo  Brackett uno scienziato emotivo:

  • ricerca, si pone domande, è curioso in modo non guidicante sui suoi stati emotivi e le emozioni dentro e fuori di lui
  • pone domande in modo empatico e compassionevole
  • si pone come un ascoltatore attento, attivo e pratica una meticolosa regolazione delle emozioni.

Al contrario, un giudice emotivo:

  • assume, critica, giudica i suoi stati emotivi e di coloro che gli stanno attorno
  • spesso crede che vi siano dei modi di sentire giusti e sbagliati
  • non è curioso né consapevole della sua salute mentale.

Come diventare degli scienziati emotivi

Gli scienziati emotivi, oltre a queste doti, sembrano essere portatori anche di qualità quali la capacità decisionale, la creatività, l’abilità di risolvere problemi, la leadership, l’assertività. Da questa constatazione, secondo gli scienziati è possibile coltivare la propria consapevolezza e regolazione emotiva con queste 4 semplici strategie:

1. Dare un nome alle emozioni

Le emozioni dovrebbero essere osservate, ascoltate, onorate, nominate correttamente. Si dovrebbe concedere loro il giusto spazio e tempo per l’elaborazione e la sedimentazione. Attribuire un nome, definirle appropriatamente rappresenta il primo essenziale passo verso la loro regolazione.

Questa attività non dovrebbe implicare automaticamente il giudizio, ma dovrebbe essere effettuato con attenzione, compassione, accettazione piena e incondizionata. Si dovrebbe poter dare spazio uguale ad ogni stato emotivo che si presenta, riconoscendo pari dignità e diritto di esistere.

Una emozione in sé e per sé non è buona né cattiva, non è giusta né ingiusta. Lo può essere, eventualmente, l’uso che se ne può fare, l’azione che si può decidere di fare scaturire da essa, tramite l’energia che essa apporta.

2. Praticare l’ascolto attivo

Quando ascoltiamo i vissuti emotivi altrui sarebbe opportuno farlo non solo con attenzione, comprensione, pazienza, ma, ancora una volta, senza alcun giudizio critico.

A volte le reazioni emotive, nostre o altrui, ci possono mettere a disagio, in difficoltà, ci possono scuotere, turbare, proprio perché sotto alberga un giudizio. Quando quest’ultimo si fa da parte diventa più semplice accettare quello che sorge.

Come se non bastasse, talvolta il nostro giudizio sconfina nell’attivismo: nell’etichettare una reazione come ingiusta o sbagliata finiamo col volerla in qualche modo aggiustare, sistemare, cambiare, violando i sentimenti altrui e la loro intimità e sensibilità.

L’assenza il più possibile di giudizio ci previene dal cadere anche in questa pericolosa trappola.

3. Validare le emozioni

L’ascolto, di se stessi, così come degli altri, da solo non basta. Occorre compiere un ulteriore passo: è necessario onorare l’esperienza vissuta. Non solo è importante chiedere a se stessi e agli altri come si sentono, ascoltare le risposte, accoglierle, accettare, non giudicarle, ma anche manifestare la propria vicinanza, empatia, comprensione.

Anche se non ci si può mai mettere fino in fondo nei panni dell’altro, nonostante i tentativi e le buone intenzioni, anche se resta sempre un margine di ignoto e di sconosciuto sia in se stessi, sia negli altri, occorre impegnarsi alacremente e con reale onestà per entrare in questa indagine, seppure con discrezione, tatto e rispetto dell’intimità.

Questa è la strategie migliore per toccare e fare toccare con mano l’accoglienza.

4. Indagare i bisogni sottostanti

Come ogni bravo scienziato osserva, studia, formula ipotesi, effettua delle ricerche, per poi approdare, nella migliore delle ipotesi, alla comprensione del fenomeno, anche lo studioso delle emozioni compie altrettanto in se stesso e nell’animo altrui.

Come in un buon approccio scientifico che si rispetti non si dovrebbe mai credere di essere approdati una volta per tutte ad una verità universale, ma si dovrebbero lasciare costantemente aperte le porte ad ulteriori dubbi, indagini, inchieste e ad una eventuale riformulazione delle conclusioni, ancora più se si tratta dei vissuti altrui.

In conclusione: le emozioni fanno parte del patrimonio pressoché sconfinato della nostra interiorità in quanto esseri umani. Si tratta di un bagaglio di grande valore, una risorse dalle infinite potenzialità che possiamo coltivare al fine di rendere migliore la nostra salute, la qualità della vita, del lavoro e quella altrui e, in generale, del mondo.

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