Intervista alla psicoanalista Marisa Fiumanò
di Anna Fata
Il processo di costruzione dell’identità femminile oggi è altrettanto complesso, se non probabilmente anche di più, rispetto a quello degli uomini.
Indubitabilmente il contesto storico, culturale, familiare, sociale, economico, politico in questo senso non sembra essere di particolare aiuto. Forse tali difficoltà ci sono sempre state, forse oggi si sono semplicemente esacerbate.
L’essere donna oggi comporta l’elaborazione di numerosi aspetti interconnessi tra loro. Il rapporto con la propria (e l’altrui) corporeità è probabilmente uno degli aspetti che per primo salta all’occhio.
La femminilità nella storia
Già all’inizio del ‘900 Freud sottolineava come i sintomi isterici, che si concretizzavano proprio nel corpo, rappresentavano un conflitto psichico rimosso che premeva affinché si esprimesse tale malessere inascoltato.
L’accentuazione progressiva della razionalità, della logica, lo scientismo imperante, i miti dell’efficacia, dell’efficienza, dell’essere costantemente performanti, nel tempo hanno contribuito a mettere in secondo piano l’ampia sfera del sentire di cui il Femminile è massima espressione.
L’ascolto di sé, del corpo, delle sensazioni, delle emozioni richiede tempo, conosce un registro diverso dalla razionalità, contribuisce a creare una scissione sempre più profonda nella donna e rende ancora più arduo il cammino verso la costruzione della propria identità e l’assunzione dei ruoli sociali, familiari, professionali che di frequente sono più in linea con le aspettative e le pressioni esterne che non con le reali istanze interiori.
Una parziale prova di ciò, ad esempio, può essere rinvenuta nell’inserimento nella nuova edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) della Sindrome Premestruale che in ampia parte può rappresentare una scarsa connessione della donna con i propri ritmi biologici e psicologici.
Altrettanto di frequente nella clinica contemporanea si possono rinvenire: anoressia e bulimia, ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi della sfera psicosomatica, che sembrano essere più frequenti tra le donne rispetto agli uomini.
Anche la sfera della relazioni non è indenne dalle difficoltà che le donne stanno vivendo: se un tempo il percorso evolutivo, secondo le prescrizioni socioculturali, era prevalentemente orientato verso il matrimonio e la maternità, oggi pare che questo modello sia in ampia parte messo in discussione e rigettato.
Le donne pare rivendichino una “parità di genere” che però, lungi dal comportare reale equiparazione di diritti sociali, economici, politici, civili, in realtà sembra che stia comportando una sorta di appiattimento di genere e di uniformità al modello maschile.
L’adesione indiscriminata a modelli sociali preconfezionati, l’omologazione a schemi di relazione sociale approvati dalla maggioranza, sembra che stia conducendo verso un crescente fallocentrismo, in cui ogni diversità di genere viene appiattita.
Tuttavia, l’eliminazione delle differenze di per sé è ontologicamente impossibile, non solo perché nega l’imprescindibile unicità di ogni individuo, ma rende ancora più complicato e tumultuoso il processo verso la creazione della propria identità.
Il mistero della femminilità
Oggi si tende a non riconoscere il Femminile nella sua irriducibile alterità e il suo carattere enigmatico, che si inscrivono nel suo stesso corpo. Ancora troppo spesso la donna viene concepita come oggetto, la razionalità sembra prendere il sopravvento e rivendicare la sua superiorità sulla emozionalità, che deve essere arginata e contenuta. Questo disconoscimento pare che possa essere dovuto in parte all’angoscia per l’impossibilità di controllare un Femminile aperto, diffuso, debordante, libero che viene percepito come una minaccia per il Maschile.
Freud è stato uno dei primi a considerare il Femminile un enigma e come tale non si è chiesto tanto cosa vuole una donna, ma come si diventa donna. Per comprendere questo ha ricondotto lo sviluppo psichico femminile a quello maschile, in particolare sul fronte della sessualità.
Egli ha ipotizzato che sia i bambini, sia le bambine nascano con la stessa energia libidica che è libera, slegata da qualsivoglia oggetto. In questo senso pare che entrambi abbiano una bisessualità innata.
Nel corso della maturazione sessuale, più complessa e conflittuale nella donna rispetto all’uomo, le donne sembra che abbiano una energia libidica più passiva che le espone maggiormente alle nevrosi. Ne deriva un’immagine di donna inferiore rispetto all’uomo che è funzionale sul piano sociale all’instaurarsi della monogamia e dei legami familiari. In questo senso la donna appare come mancante, perché dominata dalla invidia del pene, dall’odio per la madre, che l’ha fatta nascere in questo modo e che l’ha destinata all’unico ruolo di sposa e madre.
Successivamente Lacan rettifica in parte tale immagine di donna per collocare il desiderio femminile al di là del fallo. Il desiderio della donna, nella sua ipotesi, non si limita alla mera riproduzione, non si focalizza solo su un organo specifico, ma è molto più ampio, supplementare rispetto al desiderio dell’uomo, più fondato sull’essere che non sull’avere.
A questo punto si può giungere a parlare di posizione femminile, a prescindere dal sesso biologico, che può riguardare ogni essere umano, che può consentire di essere autenticamente se stessi, pensare e sentire in modo autonomo, senza necessariamente adeguarsi ad un ordine precostituito.
Quale contributo può offrire la psicoanalisi ad processo di essere donne oggi?
L’intervista alla psicoanalista Marisa Fiumanò sull’essere donna
Di questo parliamo con Marisa Fiumanò, psicoanalista e saggista, Direttrice della Scuola di Specializzazione per psicoterapeuti Laboratorio Freudiano-Milano. È fondatrice dell’ALI-Milano e membro AMA dell’ALI (Association Lacanienne Internationale). Fa parte del Consiglio Culturale della Casa della Cultura di Milano.
D: Quale è il significato che la psicoanalisi attribuisce al termine “donna”?
R: Come ormai sanno tutti Lacan ha posto una barra sul La de La donna che significa, detto in soldoni, che di donna non ce n’è una sola, che ognuna è divisa, che le donne bisogna contarle una per una. Lacan ha insistito sulla pluralità del femminile.
D: Quali sono le difficoltà principali che una donna deve affrontare e superare per assumere appieno la sua identità?
R: Identità non è una parola che apprezzo molto, è rigida e ha un’aria definitiva. La difficoltà principale per una donna è quella di assumere il proprio sesso (noi analisti lo chiamiamo processo di soggettivazione) ricavandone anche un certo piacere, un certo agio nell’assumere una posizione di donna.
D: Quali ruoli rivestono rispettivamente il padre e la madre in questo processo?
R: Variano caso per caso. Non sappiamo mai cosa un figlio o una figlia può farsene delle sue fantasie sul proprio genitore. Diciamo che è preferibile che il genitore non sia pazzo o pazza, che passi del desiderio e non la propria depressione, che mostri che la vita ha valore e che vivere non è poi così male.
D: Se e in che modo è possibile conciliare l’eterno conflitto tra le varie istanze della donna che vive liberamente la sessualità, la moglie e la madre?
R: Maternità e femminilità sono in continuum per una donna. Non può e non deve rinunciare a nessuna delle due a meno che non sia una sua scelta quella di non avere bambini. Alcune donne oggi non vogliono occuparsi di bambini, non ne hanno il desiderio. E’ una mutazione sociale che è complesso analizzare, ma è così.
D: Spesso quando si parla di narcisismo si fa riferimento agli uomini. In realtà una quota di narcisismo esiste in tutti a prescindere dal sesso biologico. Le relazioni con persone con forte istanze narcisistiche possono essere assai complesse. Nello specifico, cosa può comportare per una donna avere un forte narcisismo oppure avere una relazione con un uomo fortemente narcisista?
R: Una certa quota di narcisismo è indispensabile a ognuno. E’ una questione di dosaggio. Se il narcisismo non ci impedisce di investire gli altri affettivamente, di intessere relazioni, di amare e lavorare, va tutto bene.
Purtroppo il narcisismo degli uomini talvolta attira le donne esponendole alla tirannia di un desiderio capriccioso quanto instabile. In fondo gli uomini abitati da un narcisismo “in eccesso” sono poco “maschili”, concentrati sull’immagine di sé più che sul desiderio per l’alterità che rappresenta una donna.
D: Oggi si assiste alla imposizione di modelli sociali femminili che tendono ad uniformare, omologare, per lo più al maschile. Ne risultano spesso donne autonome, autarchiche, aggressive, impositive, che sfoggiano con orgoglio il loro essersi fatte da sole e bastare a se stesse. Che fine fa il Femminile in tutto questo ed eventualmente, se e come è possibile recuperarlo?
R: E’ vero, viene da più parti sollecitata la fallicizzazione delle donne, il loro bastare a se stesse. In realtà di fatto è un’operazione che non riesce, almeno così mi insegna la clinica. La solitudine creativa è molto rara e nessuno basta davvero a se stesso, uomo o donna che sia.
D: Uno degli apici in cui, forse, si manifesta il rinnegamento dell’Altro e la manipolazione della vita si può individuare nel tentativo di molte donne di avere un figlio ricorrendo a forme di inseminazione eterologa, magari anche con un utero in affitto, investendo tempo e denaro e migrando all’estero. Cosa comportano queste pratiche sulla maternità?
R: Mi sono a lungo occupata di questo temo quando era “caldo” e scandaloso, alla fin degli anni Novanta (“A ognuna il suo bambino”. Il Saggiatore). All’epoca non c’era nessuna regolamentazione delle tecno-nascite e molti ginecologi imperversavano con sperimentazioni di ogni genere.
Poi è arrivata la legge, restrittiva, ma questo non cambia molto le cose. Ci stiamo solo abituando con minore accelerazione, al fatto che la procreazione è un conto e la sessualità è un altro, che i bambini non nascono più sotto la buona stella come Gesù, che non sono necessariamente figli di un uomo che amiamo oppure no, ma sono generati in laboratorio con dello sperma, magari selezionato e controllato perché non sia portatore di difetti genetici.
Semplice, no? Per avere un figlio non serve più chiedere ad un uomo di farcene dono e restituirglielo rendendolo padre, basta chiedere alla tecno-scienza…quando funziona. La sessualità umana è misteriosa e disobbediente, per fortuna.
D: Oggi ancora si assiste alla presenza di pregiudizi verso le donne, specie nei contesti professionali in cui, a parità di mansioni e responsabilità, vengono pagate meno e faticano di più ad affermarsi rispetto agli uomini. Se e che fino a che punto attualmente può essere ancora valido e influisce il concetto secondo il quale la donna è “mancante” anatomicamente, ma forse anche e soprattutto emotivamente, e ancor più, se e cosa fare per superarlo?
R: Anche gli uomini, come le donne, sono mancanti per la psicoanalisi e fanno un gran fatica anche loro ad assumere il proprio essere maschio. Non ho ricette per rimediare alla “mancanza” delle donne – a parte una buona analisi che darebbe un altro valore alla parola “mancanza”- ma è vero che socialmente le donne sono ancora svantaggiate.
“Emotivamente”, poi, tendono ad essere accecate dalla domanda di riconoscimento e d’amore. Questo le rende fragili, insicure ed anche un po’ cieche nei confronti degli uomini a cui chiedono di “ripararle”, cioè di amarle.
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