Come trovare il coraggio di fare ciò che ci fa sentire profondamente vivi
di Anna Fata
Tutti noi vogliamo una vita, un lavoro che ci fanno sentire vivi, pieni, soddisfatti, realizzati. Questo, almeno nei sogni. Nella realtà di tutti giorni spesso finiamo col procedere col pilota automatico inserito, presi dalla fretta, dalla routine, dalle abitudini, dal dover fare e dimentichiamo di ascoltare noi stessi, di interrogarci su quali sono le reali priorità, gli interessi, le passioni, i valori, tutto ciò che ci fa sentire che stiamo vivendo una vita che vale la pena di essere vissuta.
A tutti possono capitare alti e bassi nella vita, nel lavoro, negli affetti, ma quando il senso d’insoddisfazione, di vuoto, di mancata realizzazione diventa persistente, profondo, ricorrente, forse è ora di fermarsi e fare il punto della situazione, prima che sia troppo tardi.
Bronnie Ware, un’infermiera australiana che lavora nel reparto di cure palliative per i malati terminali, nel suo libro “The top five regrets of the Dying”, nell’ascoltare i suoi pazienti ha individuato i rimpianti che più di frequente ricorrono tra le persone in fin di vita e da qui è nata la sua riflessione circa ciò che si potrebbe fare oggi per modificare la propria esistenza al fine di non arrivare alla fine dei propri giorni con tali ripensamenti.
I 5 rimpianti più comuni e come evitarli
1. “Avrei voluto avere il coraggio di vivere una vita più vera, autentica, in linea con quello che sento e non secondo le aspettative altrui”
Fin dalla nostra nascita ci comportiamo per assecondare chi ci sta attorno, i genitori, gli insegnanti, gli esponenti culturali, sociali, civili, professionali degli ambienti in cui viviamo. Cerchiamo chi ci fornisce norme, regole, punti di riferimento in modo da essere accolti, accettati, apprezzati, lodati, amati. Comportandoci così, però, alla lunga, finiamo col tradire noi stessi. Non ci ascoltiamo più, non sappiamo più cosa vogliamo, chi siamo, oppure lo sappiamo, ma lo mettiamo in secondo piano, con grande fatica, insoddisfazione e sofferenza.
Potrebbe essere utile chiedersi: Come sarebbe mettermi in contatto con la mia parte più profonda, autentica, e vivere una vita piena, autentica, aderente a quello che sono e che sento?
2. “Avrei voluto non lavorare così tanto”
Il lavoro serve, oggi più che mai, come mezzo che ci offre gli strumenti economici per il sostentamento, ma anche per realizzarci come esseri umani, come professionisti, per offrire il nostro contributo alla società. A volte, però, esageriamo e ci dimentichiamo di ciò che conta veramente per noi.
In questi casi potremmo domandarci: A cosa varrebbe la pena che dedicassi la mia attenzione, che mi nutre, mi soddisfa e che trascuro lavorando troppo?
3. “Avrei voluto avere il coraggio di esprimere le mie emozioni”
Nella vita, privata, in famiglia, con gli amici, al lavoro spesso temiamo il giudizio dell’altro e così cerchiamo di trattenerci dall’esprimere quel che vorremmo, i pensieri, i sentimenti, le sensazioni, le emozioni.
Cominciamo a vivere secondo le aspettative altrui, le consuetudini, le regole sociali, culturali, professionali. Non esporre le nostre emozioni, gli affetti, i sentimenti crea legami superficiali, basati sull’apparenza con chi ci sta intorno. Anziché aprire il nostro cuore, preferiamo cercare di proteggerci da possibili delusioni, ferite, dolori, tuttavia anche questa modalità non ci rende felici.
Apprendere come essere più consapevoli delle proprie emozioni, come esprimerle, rispettando sia se stessi, sia chi sta intorno aiuta a sviluppare empatia, calore, vicinanza, legami umani, affettivi, professionali più sereni, costruttivi, pieni, soddisfacenti, profondi.
4. “Avrei voluto restare più in contatto con i miei amici”
Una delle fonti di maggiore felicità sono le relazioni. Oggi abbiamo a disposizione numerosi modi per restare in contatto, telefono, chat, mail, messenger, social network, ma soprattutto vis a vis. Nonostante ciò spesso affermiamo di non avere tempo né modo per coltivare le relazioni che diciamo ci stanno a cuore.
Potrebbe essere utile chiedersi: Come posso rendere la coltivazione delle relazioni una priorità nella mia quotidianità
5. “Avrei voluto concedermi di essere più felice”
La maggior parte delle persone vive momenti di felicità, ma non se ne accorge se non a posteriori. La felicità è una scelta, che si coltiva grazie alla consapevolezza. Tramite quest’ultima possiamo prendere coscienza di ciò che ci nutre, ci riempie, ci arricchisce, ci rasserena, e ciò che, invece, ci svuota, ci demoralizza, ci inaridisce. A quel punto siamo liberi di scegliere quali situazioni vivere e quali allontanare. Possono accadere tante situazioni nella nostra esistenza privata, in famiglia, nel lavoro, che possono suscitare tutte le emozioni possibili, sta a noi decidere come reagire ad esse.
La domanda chiave in questo caso può essere: Che cosa mi rende veramente felice?
Come diventare più consapevoli e avere meno rimpianti
Osservare la propria vita presente, come ci sentiamo mentalmente, emotivamente, fisicamente in relazione ad essa può essere un atto di forza e di coraggio molto forte, perché non sempre il risultato può essere soddisfacente, ma è l’unico modo per cambiare eventualmente rotta, casomai ci rendessimo conto che non stiamo vivendo la vita che ci rende veramente felici come sentiamo di desiderare e meritarci.
L’esercizio di immaginare di lasciare questa vita tra una settimana ci mette implacabilmente di fronte alle nostre reali priorità: a quel punto abbiamo in mano le chiavi del cambiamento. A noi la scelta se decidere di aprire quella porta.
Per approfondire, leggi il libro: “Cosa ho imparato dalla vita”