Perché è così facile ferire le persone amate

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Quando credere alle percezioni erronee ci fa stare male
di Anna Fata

Le relazioni, soprattutto quelle intime, rappresentano un’ottima possibilità per svelare noi stessi nel profondo. Questo accade non solo perché con le persone care tendiamo a metterci a nudo, mentalmente, emotivamente, fisicamente, ma anche perché proiettiamo parti di noi sull’altro, anche se spesso siamo poco consapevoli di quest’ultimo atteggiamento.

Non riconoscere le parti di noi che proiettiamo, credere che appartengano all’altro e non a noi stessi può esporci a pensare e comportarci in modi di cui potremmo pentirci a posteriori.

 

Come nasce questo meccanismo

Quando siamo bambini, in genere, non mettiamo in discussione quello che ci dicono i nostri genitori, i giudizi che loro esprimono verso di noi, gli apprezzamenti, le critiche, i suggerimenti. Se un genitore, ad esempio, attraversa un lungo e intenso periodo di stress e si rivolge in modo rude, critico, affrettato, scostante verso il figlio, quest’ultimo difficilmente attribuisce la responsabilità di ciò ad un disagio del genitore, ma in genere lo vive come un suo difetto personale.

Se il bambino si sente maltrattato emotivamente, mentalmente, o fisicamente tende ad attribuire al causa di ciò ad una sua manchevolezza, un suo errore, un comportamento sbagliato, o, al limite, ad un difetto intrinseco della sua stessa persona.

Giorno dopo giorno, in questo modo si crea un’immagine negativa che il genitore, al pari di uno specchio gli rimanda, che viene interiorizzata e fatta propria. Il bambino finisce col credere in questa immagine che il genitore gli riflette e si identifica pienamente e profondamente con essa. Un esempio di questo fenomeno risulta particolarmente evidente nel caso di un disturbo dell’alimentazione: la persona che ne soffre tende a vedersi grassa di fronte allo specchio, nonostante l’evidenza dell’immagine riflessa e sebbene tante altre persone possano sottolineare l’eccesso di magrezza.

 

Cosa riflettono gli specchi

Anche se nella vita, infantile e adulta, possiamo disporre di diverso specchi umani in cui rifletterci al fine di vederci da altre prospettive e magari correggere l’immagine distorta e dolorosa che ci siamo costruiti, se ci ostiniamo a rifletterci in specchi che non ci restituiscono un’immagine amabile e positiva di noi continueremo a percepirci come persone negative, detestabili e non degne di amore.

Quando diventiamo adulti, se non siamo riusciti a superare questa identificazione con una immagine dolorosa e spregevole di noi, tenderemo a credere a tutte le critiche e ai giudizi negativi che le persone care ci rivolgono e ci sentiremo costantemente persone con qualcosa di “sbagliato” dentro di noi.

In alcuni casi può accadere che si riesca ad accettare il fatto che lo specchio della persona amata rifletta un nostro difetto, anche se in parte lo sta distorcendo. In tali situazioni, anche se non crediamo pienamente a tale rappresentazione di noi, nel profondo possiamo sentire che c’è qualcosa di quell’immagine che va protetta. Questo ci fa capire che anche noi, come tutti, nel profondo abbiamo una quota di vulnerabilità che va difesa e salvaguardata.

 

Quando lo specchio rimanda un’immagine positiva

Lo specchio rappresentato dalle persone care non sempre né necessariamente riflette un’immagine negativa di noi. Se i genitori o, in generale chi si è occupato di noi da piccoli, hanno riflettuto un’immagine amabile, positiva, di valore di noi è verosimile che si possa essere stati in grado di costruire e interiorizzare un’immagine di se stessi altrettanto positiva e costruttiva e di portarla all’interno di altre relazioni affettive.

Anche in questi casi possono verificarsi momenti di sconforto, di svalutazione, di critica, ma che difficilmente riescono ad erodere, l’autostima, il valore personale, la sicurezza, l’amabilità di cui siamo portatori del profondo.

Quando ci si riflette in specchi che restituiscono un’immagine positiva di noi ci sentiamo immediatamente gratificati, a nostro agio, carichi di energia, mentre sentiamo di perdere tale vitalità quando invece ci riflettiamo in specchi non particolarmente positivi.

Ad esempio, accade di frequente tra partner che uno dei due o entrambi inneschino un circolo vizioso di abusi verbali in cui vengono evidenziati soprattutto limiti, difetti, manchevolezze, risentimenti, rabbie, rancori. Si confonde il comportamento con la persona che ha agito, si critica quest’ultima, la si svaluta, anziché focalizzarsi su quanto agito. La persona perde, quindi, di valore, se fa, dice, si comporta in modi che non sono in linea con le nostre aspettative. La persona viene ridotta al suo comportamento. Chi si vede attraverso questo specchio non può se non sentirsi svalutato e mercificato.

 

Perché è così facile ferire le persone amate

Quando due persone che si vogliono bene si urtano è un vero e proprio gioco di specchi. Ad esempio, un figlio che si comporta male, afflitto, angosciato può fare sentire i genitori in colpa, inadeguati, inadatti, falliti. Dei genitori respingenti, scostanti, poco equilibrati possono fare sentire il figlio impotente, frustrato, inadeguato, non amato. Un partner poco attento, scarsamente presente, ostile, con molte aspettative può fare sentire il consorte trascurato, svalutato, rifiutato.

In genere come risposta si tende a manifestare rabbia, risentimento, acredine per punire le persone care non tanto per i loro comportamenti, ma come riflesso del dolore che si prova nel non sentirsi amati. Si attacca lo specchio perché non ci piace quello che viene riflesso.

Come evitare di ferire le persone care

Per porre fine a questo gioco distruttivo degli specchi si può cominciare a cessare di considerare il dolore emotivo come una punizione che qualcun altro ci infligge e iniziare a viverlo come opportunità interiore per prendersi cura di se stessi e delle proprie ferite. Questo atteggiamento nel tempo ci può portare a sviluppare maggiore compassione verso noi stessi e gli altri, ad essere più in contatto con se stessi, i propri valori e ciò che per noi conta veramente.

E’ possibile imparare ad amare senza fare né farsi del male, a patto che si utilizzi il dolore come strumento di cura di sé e della propria interiorità e non per punire se stessi e gli altri.

 

Per approfondire puoi leggere il libro: “Amore Zen

 

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