Che cosa rende i nostri figli sereni, felici, soddisfatti e realizzati
Di Anna Fata
Il mestiere del genitore è forse uno dei più complessi e difficili che possa capitare di svolgere a qualsiasi essere umano. Oggi i manuali, i corsi, i seminari, i consulenti che cercano di insegnarci come realizzare al meglio questo percorso sembrano moltiplicarsi a dismisura. Nonostante ciò, non sempre i risultati dei nostri sforzi sembrano essere ripagati.
Anche se una quota di conflittualità e di emozioni contrastanti tra figli e genitori è più che fisiologica e per certi versi anche sana, le problematiche relazionali in famiglia sono in netto aumento e assai difficili da dirimere.
Come capire i nostri figli
Quando i nostri figli sono molto piccoli, quando ancora non riescono ad esprimersi verbalmente o lo fanno ancora solo in modo molto approssimativo, comprendere quello che pensano, vivono, provano, sentono, desiderano è tutt’altro che facile.
Anche quando si cerca di osservarli, ascoltarli, assecondarli, spesso le nostre proiezioni e le reminiscenze sulla nostra infanzia finiscono con l’inquinare il quadro percettivo e creano pericolose commistioni tra noi e loro. Noi non siamo i nostri figli, noi non sappiamo veramente che cosa provano: c’è sempre una quota di ignoto, sconosciuto, indecifrabile in ogni persona, ancora di più in un bambino, anche se noi, in quanto genitori, crediamo di saperlo.
Oggi il compito dei genitori è ancora più difficile: viviamo una società complessa, che evolve velocemente, il tempo disponibile tende ad essere occupato continuamente dal fare, mentre il mondo interiore ha bisogno di calma, serenità, ascolto, accoglienza e soprattutto tempo. Ogni buona relazione per fiorire al meglio necessita di grandi quantità di tempo ed energia e le relazioni in famiglia non fanno eccezione.
Anche quando abbiamo tutte le migliori intenzioni, talvolta, complici anche i nostri conflitti personali, per lo più inconsci e irrisolti, possono ostacolare l’ascolto, la comprensione, l’accoglienza e il rapporto con i nostri figli. Ci mancano, talvolta, gli strumenti per compiere tutto questo.
Di cosa hanno bisogno veramente i nostri figli
In realtà, anche se noi cerchiamo con tutto noi stessi di dare, fare, essere al meglio per i nostri figli, in realtà, alcune ricerche hanno messo in luce che loro hanno bisogno solo di sentirsi sicuri, ascoltati, riconosciuti, calmati, incoraggiati. In questo processo è basilare imparare a distinguere quelle che possono essere le nostre proiezioni e ciò che invece riguarda loro.
Secondo Lisa Firestone, Direttrice del Research and Education for the Glendon Association, per raggiungere questi obiettivi potrebbe essere opportuno:
1. Ascoltare
Una buona capacità di ascolto necessita prima di tutto di una adeguata quantità di tempo. Una efficace capacità di ascolto produce la sensazione di essere sentiti e compresi, a prescindere da un accordo o meno con quello che si sta dicendo.
Noi siamo prima di tutto esseri emotivi, disponiamo di molti modi di esprimerci e trasmettere tali emozioni, sentimenti e vissuti e sta a chi ascolta saperli cogliere e decodificare correttamente, anche quando questi segnali possono essere in contraddizione con le parole sul piano logico.
Un valido ascolto comporta anche il fornire dei riscontri, delle riformulazioni per verificare che si è capito correttamente, oppure delle domande di approfondimento, laddove opportuno, per mostrare interesse, desiderio di maggiore comprensione, ma senza scadere nel voyeurismo e nell’invadenza.
Saper creare questo clima di ascolto e di accoglienza rappresenta una delle basi per veicolare la sensazione di essere in un ambiente sicuro in cui i nostri figli possono esporsi, esprimere, condividere ciò che sta più a cuore loro, senza sentirsi giudicati, condannati, stare sulla difensiva o senza che per forza qualcuno proponga soluzioni che non sono richieste o che non appartengono loro e che in realtà, eventualmente, dovrebbero poter trovare con le loro forze.
2. Evitare le etichette
Tutti noi tendiamo ad etichettare cose, situazioni, persone, a cominciare da noi stessi. Magari fin da piccoli abbiamo definito i nostri figli, ad esempio, come persone “timide”, “capricciose”, “silenziose”, o “socievoli”. Questo atteggiamento, all’apparenza innocuo, soprattutto nei bambini piccoli, conduce alla costruzione di una identità basata sulle etichette di coloro che stanno intorno più che conformemente al loro reale sentire e alla loro personalità più autentica e profonda.
Nella migliore delle ipotesi, può arrivare un giorno in cui il ragazzo o l’adulto finirà per chiedersi: “Chi sono io veramente?”, perché magari non si riconoscerà più nelle etichette che gli sono state attribuite fin da piccolo, a cui aveva creduto e su cui aveva impostato buona parte della sua personalità.
Spesso le etichette sono l’ennesimo riflesso delle nostre proiezioni, delle nostre credenze e convinzioni, delle nostre aspettative e desideri di come un figlio debba o possa essere.
Sia le etichette in chiave positiva, sia quelle in chiave negativa sortiscono i medesimi effetti limitanti in chi le subisce. Quelle molto positive creano un carico di aspettative molto elevate, talvolta difficili da sostenere e realizzare. Quelle negative, invece, offuscano il potenziale, impediscono di concentrarsi sui punti di forza e rischiano di fare perdere importanti occasioni di vita e di lavoro.
Evitare le etichette, mostrarsi interessati, aperti, curiosi circa la reale personalità dei nostri figli veicola un senso di accoglienza, sostegno, benevolenza che li può aiutare a sviluppare la loro personalità per quella che realmente è e realizzare al meglio le loro potenzialità.
3. Distinguere la propria esperienza dalla loro
Quando diventiamo genitori, quasi immancabilmente, la mente, le emozioni, i comportamenti rievocano riminiscenze del nostro passato, di quando a nostra volta eravamo piccoli e del rapporto che avevamo con i nostri genitori.
In realtà, ogni situazione è diversa, ogni persona è diversa, ogni momento storico, sociale, culturale, familiare è diverso, in quanto tale difficilmente è replicabile per quello che è.
Essere consapevoli e rispettare l’unicità di ogni situazione e persona è importantissimo perché evita di creare pericolose commistioni tra noi e i nostri figli, non li si carica di nostri desideri, ambizioni, aspirazioni, non si cerca di manipolarli o forgiarli a nostra immagine e somiglianza, ma li si può lasciare liberi di essere pienamente se stessi, con tutte le conseguenze del caso.
4. Avere piacere di stare con loro
Trascorrere del tempo insieme, godere della presenza dei propri figli, compiere qualcosa di concreto, creativo, costruttivo, anche molto semplice con loro, divertirsi, sorridere, giocare, scherzare sono tra le attività più importanti che si possono svolgere con loro.
Sono modi per esprimere se stessi, per costruire una relazione, per comunicare, per creare una storia comune e condivisa. Consentire loro e a se stessi di essere autentici, genuini, trasparenti, immediati, fare sentire che si tiene veramente a loro, apprezzandoli per quello che sono e che possono offrire con la loro mera presenza è quello che maggiormente conta.
5. Aiutarli a sentirsi al sicuro
Ogni buon genitore dovrebbe provare ad essere una base sicura per i propri figli, qualcuno su cui contare, poter prendere le distanze, e, in caso di necessità, a cui poter ritornare ed essere accolti e accettati. Un buon genitore offre accoglienza, protezione, nutrimento, ascolto, accettazione, calore, affetto, è affidabile, disponibile, concreto.
Questo non significa, però, sostituirsi a loro nella vita, ma permettere loro di compiere le proprie esperienze nel mondo e, quando opportuno o necessario, consentire di tornare a case e trovare sempre la medesima accoglienza che avevano lasciato quando si erano allontanati.
Ai figli occorrerebbe offrire loro gli strumenti opportuni per affrontare la vita e il mondo con le loro forze, in modo che si possano muovere e agire in esso in modo sicuro ed efficace. Si dovrebbe incoraggiarli all’autonomia e all’indipendenza, pur restando disponibili in caso di necessità.
A propria volta, si dovrebbe provvedere ai propri bisogni in modo autonomo rispetto a loro, non proiettarli né imporli su di loro, e non caricarli di pesi o responsabilità che non spettano a loro. Ci si dovrebbe porre come modello a cui ispirarsi nella vita, praticando concretamente e coerentemente quello che si predica, ma senza mai imporlo.
Infine, sarebbe opportuno fare in modo di fare capire che i nostri figli rappresentano una parte della nostra esistenza, ma non l’unica, in modo da non soffocarli con le nostre attenzioni, cure, aspettative.
6. Aiutarli a calmarsi
Per aiutare i nostri figli a calmarsi dobbiamo imparare a calmarci noi per primi, specie quando siamo molto in ansia o sotto stress. Per offrire sostegno, calore, serenità, calma dobbiamo possedere tutto questo dentro di noi in modo autentico, altrimenti verrà percepita una non autenticità del nostro messaggio, che non risulterà efficace nel suo intento.
Per ispirare calma occorre concedersi del tempo, fermarsi, ascoltare, non giudicare, avere compassione. Bisognerebbe evitare di proiettare su di loro le nostre esperienze passate. Ogni persona, ogni esperienza è un modo a sé.
Si dovrebbe evitare di cedere alla tentazione di farsi carico delle loro ansie, preoccupazioni, timori, di volerle risolvere noi, in breve tempo ed efficacemente. Sarebbe meglio, invece, imparare a tollerare il loro disagio e avere la pazienza che si risolva nei modi e nei tempi più opportuni per loro, non per noi. Questo li aiuta ad accettare le loro emozioni, a sviluppare la capacità di tollerarle, gestirle e ad diventare resilienti. Ciò che si impara a superare, infatti, finisce col rafforzarci.
In conclusione
Essere nei panni di un genitore non è mai facile, come del resto lo è anche per un figlio. Un figlio rimette in movimento dentro di noi moti consci e soprattutto inconsci relativi alla nostra infanzia, al nostro passato, ma anche al presente del rapporto che a nostra volta abbiamo e abbiamo avuto con i nostri genitori e con il nostro bambino interiore.
Essere consapevoli di queste istanze e non confonderle con le reazioni e le proiezioni che a nostra volta hanno i nostri figli è importante per uno sviluppo armonico della personalità, dell’identità e del rapporto con loro e che loro poi avranno con altre persone, ivi compreso un futuro partner.
Relazionarsi ai propri figli ci può aiutare a superare dei nodi e dei blocchi che la maggior parte di noi ha insiti in modo irrisolto dentro se stesso. Accettare il proprio bambino interiore, così come accettare i nostri figli è il primo passo da compiere. Tutti abbiamo qualche ferita da sanare: qualche volta il rapporto con i propri figli aiuta se stessi e anche loro. E anche laddove questo non fosse possibile, chiedere un aiuto professionale può migliorare la qualità della vita di tutta la famiglia e quella del futuro stesso dei propri amati figli.