Come veniamo giudicati dagli altri quando mangiamo

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Siamo quello che mangiamo: in parte è vero
di Anna Fata

Mangiare fa parte della nostra vita quotidiana. E’ un appuntamento fisso, da soli o in compagnia, mediamente per tre o più volte al giorno. Mangiare non è solo finalizzato ad alimentarci, a introdurre le energie necessarie per il nostro sostentamento, ma è anche un atto di piacere, sociale, conviviale, simbolico.

Quando condividiamo il cibo con gli altri, che sia per una cena romantica, in famiglia, oppure di lavoro, le altre persone ci osservano – e noi facciamo altrettanto con chi ci circonda – e, solitamente, quasi senza accorgersene, riflettano, giudicano, si interrogano, ci incasellano in qualche stereotipo.

La situazione diventa ancora più delicata quando mangiamo con qualcuno che incontriamo per la prima volta e non sappiamo alcunché di lui o di lei. Nei primi 15 millisecondi noi formuliamo, in parte inconsciamente, la famosa prima impressione, che è molto solida e duratura nella nostra mente, al punto che anche eventuali incontri successivi difficilmente riesce a scalfirla.

 

Cosa accade quando mangiamo con qualcuno che si alimenta diversamente da noi

Ogni essere umano è diverso e a suo modo unico. La diversità affascina e spaventa al tempo stesso, perché fa risuonare il cervello arcaico che nello sconosciuto intravede una possibile minaccia alla sopravvivenza.

Quando abbiamo di fronte una persona che si alimenta in modo diverso dalle nostre consuetudini, per motivi religiosi, culturali, ambientali, di salute, o di gusto, tendiamo a porci delle domande, a formulare ipotesi o giudizi, soprattutto se non c’è familiarità tale da sentirsi di porre liberamente interrogativi circa le abitudini alimentari altrui.

Oggi, ad esempio, nel nostro contesto occidentale è assai diffusa l’abitudine di seguire veri tipi di dieta, in ampia parte per motivi estetici, di benessere o di salute. A volte si tratta di vere e proprie necessità dettate da prescrizioni mediche, come nel caso di patologie conclamate, come nel caso della celiachia, altre volte, invece, si tratta di scelte arbitrarie stimolate dal passaparola, dalle indagini nel Web, dalle discussioni nei Social o con gli amici, o dalle mode del momento.

 

Gli stereotipi associati alla dieta senza glutine

Oggigiorno, ad esempio, il consumo dei cibi senza glutine è in aumento esponenziale, ad esempio in America risulta triplicato. Poiché nell’ultimo decennio il numero di casi diagnosticati di celiachia – una infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti, che come tale deve essere rigorosamente bandito dalla dieta – è relativamente stabile, sembra che un numero crescente di persone rifiuti gli alimenti col glutine pensando che sia una scelta sana, pur non avendo la celiachia, ma in realtà si espongono al rischio di danni ulteriori alla salute.

Ormai oggi c’è sempre maggiore informazione in merito alla celiachia e all’impossibilità di assumere glutine per chi ne è affetto. Un numero sempre maggiore di cibi già pronti è disponibile e di altrettanti ristoranti capaci di fornire un menù adeguato a tali esigenze alimentari. Parlare di celiachia e intolleranza al glutine, quindi, oggi non è più un tabù come poteva accadere in passato.

Purtuttavia quando quando si condivide per la prima volta un pasto con una persona che non si conosce e che non mangia glutine, i pensieri, i dubbi, i pregiudizi o gli stereotipi possono sorgere.

Una ricerca condotta presso la Western Connecticut State University da Maya Aloni e Colleghi ha indagato le sensazioni che possono sorgere quando mangiamo con una persona che non assume glutine, durante il primo incontro con un potenziale partner.

I ricercatori sono partiti dal presupposto che tutti noi abbiamo degli “stereotipi di consumo” o idee preconcette sugli altri in base al cibo che consumano. Tutti noi possiamo avere preferenze di gusto, sensibilità particolari o vere e proprie intolleranze. Quando mangiamo con chi già ci conosce da tempo sembra che tutto questo non crei particolari problemi. Quando, però, condividiamo per la prima volta un pasto con qualcuno che non ci conosce abbastanza ci sentiamo in dovere di spiegare i motivi di alcune nostre scelte, preferenze o restrizioni.

Queste spiegazioni, in realtà, lungi dall’essere neutrali, rischiano di complicare le relazioni.

 

I pro e i contro dello spiegare le proprie scelte alimentari

Confidare agli altri i motivi di alcune nostre scelte o restrizioni alimentari può comportare dei pro e dei contro. Ad esempio, nel caso specifico della dieta senza glutine, tra i pro l’immagine che ne può derivare può essere quella di una persona attenta alla salute; tra i contro, invece, vi può essere quella di un individuo schizzinoso e autocentrato.

Più in generale, pare che esista lo stereotipo secondo il quale coloro che seguono una dieta con pochi grassi siano meno felici, meno divertenti, più noiosi e nervosi rispetto a coloro che non badano alla quantità di lipidi né calorie. Inoltre, un altro pregiudizio pare che consista nel fatto che coloro che sono schizzinosi nella scelta del cibo sono anche persone molto impegnative e difficili da soddisfare nella vita. Per tali motivi, soprattutto in una cena romantica, tali individui non sembrano risultare particolarmente appetibili.

Nel caso degli uomini, inoltre, se essi si mostrano molto selettivi nelle scelte alimentari, la percezione da parte della potenziale partner è quella di una persona con un eccesso di tratti femminili.

 

I risultati delle ricerche 

Le due ricerche condotte da Aloni e Colleghi rispettivamente su un gruppo di 161 studenti, di cui due terzi donne, e su un altro di 132, anche esso a prevalenza femminile, hanno indagato gli stereotipi associati alla esclusione dalla dieta del glutine e l’influsso che questo poteva avere sull’esito di un appuntamento romantico. Nello specifico si è cercato di comprendere se questa scelta alimentare poteva influire sulla decisione di proseguire o meno la conoscenza, quali atteggiamenti si nutrivano verso questa esclusione alimentare, quanto si era al corrente di cosa realmente comportasse.

Dalle ricerche è emerso che se si decide di seguire una dieta senza glutine, a prescindere dalle motivazioni per cui si compie questa scelta, si viene percepiti come persone attente alla salute, ma anche schizzinose, difficili da accontentare, con richieste molto elevate, attente all’apparenza, ben informate, lamentose, critiche, giudicanti, controllanti, dominanti, autodisciplinate. Dal canto loro agli uomini vengono riconosciuti tratti maggiormente femminili e meno maschili.

In generale, però, sapere che il proprio potenziale partner non include nella sua dieta i cibi con il glutine non sembra pregiudicare i possibili sviluppi di una relazione romantica. L’unico limite, tollerabile, può essere rappresentato quello della scelta dei cibi e dei ristoranti in cui consumarli.

 

Come comportarsi se non mangiamo glutine

In conclusione, da questa ricerca si riconferma che tutti noi abbiamo dei pregiudizi, degli stereotipi, delle fantasie in merito al nostro prossimo, un po’ su tutto, il suo aspetto fisico, i suoi pensieri, le emozioni, i comportamenti, ivi compresi anche quelli alimentari.

Per evitare che le proprie scelte alimentari possano influire negativamente sulla percezione che può avere di noi e sull’eventuale rapporto, amicale, affettivo o di lavoro che ne potrebbe scaturire, può essere opportuno esplicitare chiaramente i motivi che ci indirizzano verso tali scelte, focalizzandosi soprattutto sulle questioni di salute, evitando di essere esageratamente critici o schizzinosi in senso più ampio e generale.

 

Per approfondire leggi il libro: “Lo Zen e l’arte di cucinare

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