Intervista all’avvocato Roberto Paradisi
di Anna Fata
Spesso si parla, magari impropriamente, di persone “fragili”, pazienti “fragili”, includendo in questo ampio contenitore diverse tipologie di individui caratterizzati dalle più svariate caratteristiche e condizioni.
Anziani, bambini, malati, disabili, invalidi, diverse sono le peculiarità che possono caratterizzare queste persone, ma tutte sembrano accomunate da condizioni di svantaggio ad uno o più livelli della loro esistenza.
La loro stessa identità viene in ampia parte ridefinita da questa etichetta, che talvolta viene percepita come limitante, una sorta di infamia, di di condanna, di marginalità, di colpevolezza a cui si condanna una più o meno ampia fascia, trasversale, di popolazione.
Chi ci si trova dentro, in modo provvisorio, temporaneo, oppure cronico e definitivo può vivere questa situazione in modo differente, ma spesso assai contrastante e contraddittorio. Confusione, emarginazione, solitudine, dolore, rabbia, abbandono, smarrimento, incomprensione possono essere solo alcuni dei vissuti che possono scaturire in tali frangenti.
In realtà, di fronte ad una condizione esistenziale personale, individuale, intima, si innescano e intrecciano quelle familiari, sociali, sanitarie, burocratiche, professionali che si sovrappongono e mescolano in una alchimia a volte esplosiva e certamente non beneficia la salute fisica né emotiva di chi è, suo malgrado, coinvolto in prima persona.
- Siamo sicuri di conoscere fino in fondo i diritti e i doveri delle cosiddette persone “fragili”?
- Quali opportunità, sostegni, enti, istituzioni possono essere loro di aiuto?
- Se e in che modo possono anche loro offrire un contributo sociale, seppure magari marginale e provvisorio, non continuativo, conformemente alle loro possibilità, al comune vivere sociale e trovare anche loro una nuova identità e un nuovo senso dell’esistere, che non sia mero sopravvivere?
Abbiamo discusso di questo e molto altro con l’Avvocato Roberto Paradisi, Avvocato penalista patrocinante in Cassazione con studio principale in Senigallia (AN), che si occupa di diritto penale, civile, lavoro, amministrativo, infortunistica stradale. Autore di due libri e varie pubblicazioni scientifiche sul processo penale, la legittima difesa, il diritto naturale e l’argomentazione giuridica.
D: Con la definizione, per lo più impropria ed imprecisa di persone, pazienti “fragili” ci si riferisce spesso ad un’ampia categoria di individui con le più svariate caratteristiche e condizioni. Tra questi, ad esempio, troviamo gli invalidi, gli inabili, i disabili. A livello legale quali sono specificamente le differenze?
R: Sebbene nel linguaggio comune i termini invalidità, disabilità, handicap vengano spesso confusi ed impropriamente utilizzati come sinonimi, presentano delle sostanziali differenze sia sul piano del significato sanitario che sul piano giuridico.
Ragionando per macrocategorie generali possiamo enucleare le seguenti definizioni medico-legali di eventi invalidanti:
1 INVALIDITA’ CIVILE
La tutela della invalidità civile è attuazione del principio di solidarietà costituzionale che stabilisce il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale per tutti i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. È rivolta a tutti i cittadini di età superiore a 18 anni anche se non lavoratori.
Con questo termine si intende la difficoltà di un individuo a svolgere alcune attività tipiche della ordinaria quotidianità a causa di deficit di tipo fisico e/o psicologico, che comportino una diminuzione di tipo permanente della sua capacità di svolgere attività lavorative di qualsiasi tipo (legge 118/1971).
Qualora sia riconosciuto un grado di invalidità compreso tra il 74% e il 100% l’INPS eroga un assegno mensile di carattere esistenziale finanziato dalla fiscalità generale che spetta a prescindere dal versamento di contributi.
In aggiunta all’assegno, il lavoratore con invalidità superiore al 74% ha diritto all’accredito figurativo di 2 mesi l’anno che si aggiungono alla contribuzione versata per raggiungere prima la pensione. In questo modo è possibile anticipare la pensione sino a 5 anni. Mentre i lavoratori invalidi con una percentuale almeno pari all’80% hanno anche diritto di accedere alla pensione anticipata di vecchiaia con requisiti inferiori: con 60 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 55 anni e 7 mesi per le donne e 20 anni di contributi.
2 INABILITA’
L’inabilità identifica uno stato invalidità al 100% in cui il soggetto non può svolgere alcuna attività lavorativa, nemmeno a carattere temporaneo. Il nostro ordinamento prevede due trattamenti di inabilità a seconda se il soggetto abbia o meno contribuzione accreditata nel proprio conto corrente assicurativo. Si tratta dell’inabilità previdenziale, regolata dalla legge 222/1984 e della pensione di inabilità civile regolata dall’articolo 12 della Legge 118/1971 che è invece, una prestazione assistenziale, vincolata al rispetto di determinati requisiti reddituali.
Per il conseguimento della pensione di inabilità è necessario che il soggetto si trovi in condizione di infermità fisica o mentale tale da determinare un’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa; il soggetto deve altresì vantare almeno 5 anni di anzianità assicurativa (devono essere trascorsi almeno 5 anni dalla data di inizio dell’assicurazione) e contributiva, almeno 3 dei quali maturati nei 5 anni precedenti la domanda di pensione.
3 DISABILITA’ O HANDICAP
Disabilità ed handicap sono due concetti legati tra loro e che, a differenza dell’invalidità civile, non si limitano a valutare gli effetti sulla capacità lavorativa conseguenti alla menomazione quanto piuttosto le conseguenze di tipo relazionale che la minorazione, di grado lieve o grave, comporta.
La disabilità indica infatti la presenza di una menomazione di tipo fisico o psicologico. L’handicap è invece la conseguenza della disabilità, vale a dire il conseguente svantaggio sociale sofferto dal soggetto menomato.
Per cui ciò che è importante è che la valutazione dell’handicap, insomma, è una valutazione sociale e non strettamente afferente al campo lavorativo (come invece accade nel caso dell’invalidità civile).
La legge 104/1992 declina due condizioni di svantaggio:
- La persona con “handicap” (c.d. lieve) che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare per l’individuo emarginazione o svantaggio sociale (art. 3 comma 1);
- La persona con “handicap grave” che si concretizza quando “la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione” (art. 3 comma 3).
È importante sottolineare che l’accertamento dell’handicap è una questione distinta dal riconoscimento di invalidità anche se i due accertamenti di possono richiedere nello stesso momento.
La certificazione dello stato di handicap sottolinea le ripercussioni sociali che una persona può avere nella vita quotidiana per effetto della sua minorazione.
L’invalidità, invece, è intesa come la difficoltà a svolgere alcune funzioni quotidiane, per effetto di limitazioni fisiche, psichiche, intellettive, visive o uditive.
Il certificato di invalidità dunque, riguarda esclusivamente una valutazione medico-legale.
D: Cosa si deve fare per poter richiedere e vedersi riconosciute legalmente una o più di queste condizioni?