8 Strategie per rendersi utili agli altri, senza invaderne la vita
di Anna Fata
Sotto sotto, la maggior parte di noi ama potersi rendere utile agli altri, aiutarli, sentirsi disponibili, importanti, avere un posto e un valore nelle vite altrui. Pur con tutte le migliori intenzioni, però, talvolta per raggiungere questo obiettivo ci comportiamo in modi che finiscono col risultare tutt’altro che utili al prossimo.
Uno degli atteggiamenti con cui ci troviamo ad invadere eccessivamente le esistenze altrui consiste nel tanto amato e odiato dare consigli. Le persone si confidano con noi, a volte ci chiedono espressamente il nostro parere, altre volte no, ma in entrambi i casi fatichiamo a resistere alla tentazione di rispondere con un consiglio. Si tratta del tanto famoso: “Secondo me”, oppure del “Se fossi in te”, “Io, al tuo posto direi/farei”.
I benefici dell’aiutare gli altri
Compiendo un passo indietro può valere la pena precisare che aiutare gli altri, in genere, arreca un beneficio a due vie: non solo all’altro, almeno potenzialmente, ma anche e soprattutto a se stessi. Diverse ricerche scientifiche hanno messo in evidenza come essere generosi, altruisti, dà un senso alla nostra vita, accresce l’autostima, crea soddisfazione, serenità e, in ultima analisi, felicità.
Affinché le nostre intenzioni di aiutare il prossimo vadano a buon fine, però, è necessario agire nel modo corretto. Non sempre, infatti, le percezioni di chi abbiamo di fronte coincidono con gli intenti che hanno mosso le nostre parole o azioni.
Cosa desiderano le persone
Ciascuno di noi, nel profondo, desidera essere accolto, accettato, ascoltato, non giudicato e, in ultima istanza, amato.
Quando ci confidiamo con qualcuno ciò a cui ambiamo sopra ogni cosa è essere ascoltati, senza essere giudicati. Magari abbiamo dei problemi da risolvere, probabilmente ci farebbe piacere che qualcuno lo facesse al nostro posto, ma nel nostro inconscio sappiamo che non solo questo non è possibile, ma anche non è del tutto consigliabile.
Nessuno può mettersi al nostro posto, anche perché solo noi possiamo sapere veramente cosa è meglio per noi stessi.
Quando siamo nella posizione di chi ascolta, però, quasi immancabilmente ci dimentichiamo del nostro bisogno di ascolto, per cui quasi inevitabilmente cadiamo nella tentazione se non di giudicare, almeno di consigliare, di cercare di risolvere il problema. Nel fare questo è come se tentassimo di sostituirci all’altro.
Come reagiscono gli altri
Di fronte alle nostre confidenze, quando sentiamo che l’altro giudica, consiglia, esorta, cerca di darsi da fare per cambiare la situazione, a seconda della nostra diversa sensibilità, possiamo avere le reazioni più disparate. Ci possiamo sentire confusi, combattuti tra diverse istanze, invasi, manipolati, giudicati o sollevati, anche se magari solo temporaneamente, o, semplicemente, ci limitiamo a non ascoltare.
Se il consiglio non è stato richiesto, inoltre, la situazione può diventare ancora più insostenibile.
Quando una persona si confida desidera solo essere ascoltata. Se ci limitassimo a fare ciò le regaleremmo il dono più grande di cui disponiamo: noi stessi, e con esso la nostra attenzione, il calore, l’accoglienza, l’accettazione, l’amore.
Quando qualcuno ci parla ciò che possiamo fare è ascoltare, porre qualche discreta, ulteriore domanda di approfondimento, in modo tale da aiutare la persona stessa a fare ulteriore chiarezza dentro se stessa e trovare proprio nel suo intimo la reale risposta ai suoi dilemmi.
Talvolta i problemi che ci vengono raccontati non sono risolvibili: in quei casi, a maggior ragione, anche una semplice confidenza può aiutare a stare meglio, perché alleggerisce un po’, almeno temporaneamente, il cuore.
Il miglior consiglio che si può (non) dare
Alla luce di ciò, possiamo offrire qualche strategia per (non) dare consigli, soprattutto se non richiesti:
- I consigli possono servire, con moderazione, a volte, se richiesti: in tutti gli altri casi si rischia di fare sentire l’altro giudicato, manipolato, invaso e di confonderlo ulteriormente
- L’ascolto non giudicante è il migliore dei consigli possibili: la maggior parte di noi si confida per il semplice piacere di alleggerire il cuore, di condividere qualcosa di sé, per sentirsi accettato, amato e meno solo
- Il silenzio vale molto più di mille consigli: limitarsi ad ascoltare e riconoscere umilmente che non ci si può mettere mai del tutto nei panni altrui, che non si possono risolvere i problemi altrui, può fare percepire una vicinanza, un calore, una accettazione, un conforto tali da aiutare l’altro a trovare in sé le risorse necessarie per reagire in modo costruttivo e positivo
- Evitare espressioni del tipo: “Se fossi in te”: ogni persona è unica e irripetibile, come tale nessuno può mai veramente mettersi nei panni altrui, pensare o sentire quello che l’altro vive. Ascoltare, porre domande, accettare incondizionatamente le risposte – che non vuol dire necessariamente essere d’accordo – rappresentano le basi fondamentali per aiutare veramente l’altro
- Se ci viene chiesto espressamente un consiglio: cercare di specificare ulteriormente il senso della domanda con espressioni del tipo: “Che cosa desideri veramente da me?”, “Come ti senti?”, “Cosa vorresti che accadesse?”. Sintonizzarsi sul piano emotivo può aiutare a fare emergere le reali necessità della persona che abbiamo di fronte
- Effettuare un brainstorming insieme: creare le condizioni per un libero flusso di idee congiunto può aiutare la persona ad aprire la mente e a trovare per conto suo una soluzione ai suoi dilemmi
- Offrire opportunità, opzioni, mai soluzioni: aiutare la persona a osservare la situazione da diversi punti di vista, portarla a intravedere le diverse possibilità insite, senza mai offrire esplicite soluzioni può essere un’altra modalità utile per il nostro interlocutore
- Analizzare le soluzioni possibili: esaminare i pro e i contro di ogni soluzione possibile, lasciando che sia la persona stessa a compiere ciò, perché si tratta di trovare l’esito considerato migliore agli occhi della persona, non di noi stessi.
In conclusione: Consigli sì o no?
In conclusione: i consigli, buoni o cattivi che siano, raramente funzionano per gli altri, ancora più se non richiesti. Ogni persona è unica e irripetibile e nessuno di noi può mettersi veramente, fino in fondo, nei panni dell’altro, per sapere cosa vive, pensa, sente, ancor più nell’inconscio. In questi casi l’ascolto non giudicante, l’accoglienza incondizionata possono essere le strategie migliori. Non c’è miglior consiglio, quindi, di quello che possiamo non dare.