Perché essere gentili può essere molto vantaggioso
di Anna Fata
“Tratta gli altri esattamente come vorresti essere trattato tu”: è questa una delle prime esortazioni a cui veniamo chiamati fin da piccoli al fine di essere gentili, cortesi, cordiali e forse anche un po’ meno egoisti con gli altri. E non solo: fallo tu per primo, senza aspettare che siano gli altri a trattarti con la delicatezza che desideri.
Funziona questa strategia?
In genere sì.
Ci sono, però, sempre delle eccezioni. Proprio tali eccezioni suscitano psicologicamente in noi delle resistenze che non sempre siamo a disposti a superare.
Eppure essere gentili, cordiali, cortesi con chi ci sta intorno, sia persone che conosciamo, sia non, vanta numerosi vantaggi, sia per noi stessi, sia per gli altri. Il professor Luis Gomez-Jacinto dell’Università di Malaga ritiene che esista un vero e proprio “capitale sociale” che si traduce in una semplice, ma eloquente formula: “L’amicizia è denaro”. Detto così può sembrare un po’ veniale, ma in realtà sintetizza molto bene il fatto che in ampia parte quello che investiamo nel rapporto con gli altri, in un modo o nell’altro, prima o poi torna sempre. Magari a volte anche moltiplicato.
Secondo alcune ricerche neuroscientifiche pare che il cervello stesso sia programmato in alcune aree specifiche per provare piacere, gratificazione, felicità quando offriamo qualcosa agli altri o spendiamo denaro per loro, ancora più rispetto a quando ne spendiamo per noi stessi.
Se esistono tutti questi benefici sia chimici, sia psicologici relativi alla gentilezza, perché spesso ci ostiniamo a comportarci in modo tutt’altro che gentile?
Si possono individuare 5 ostacoli principali alla gentilezza, convinzioni che abbiamo ereditato o che abbiamo sviluppato nel tempo, con l’esperienza:
- Le altre persone non sono mai gentili
- Alcune persone sfruttano la mia disponibilità
- Io do agli altri molto di più di quello che loro offrono a me
- La gentilezza non fa parte del mio carattere.
In realtà esistono delle spiegazioni a queste nostre convinzioni e delle possibili alternative.
Tutte le persone sono differenti e sicuramente ve ne sono alcune particolarmente opportuniste ed egoiste. Alcuni economisti ritengono che nella vita si possa applicare il “Dilemma del prigionierio”: in esso il mondo appare popolato da persone egoiste che si limitano a massimizzare i loro interessi e in cui la gentilezza risulta perdente. Questo probabilmente può valere nel mondo degli affari o quando si ha a che fare con uno sconosciuto che cerca a sua volta di preservare il suo interesse.
In realtà si è visto che nella vita quotidiana, soprattutto con le persone che frequentiamo abitualmente vige un’altra strategia: il dare-avere. In esso se noi siamo gentili e disponibili riceviamo altrettanto, se non lo siamo riceveremo pari trattamento a nostra volta. Se, però, torniamo ad essere gentili e perseveriamo in tale comportamento l’altro potrà comprendere che quella deviazione della nostra disponibilità è stata frutto solo di una contingenza. In questo modo si riesce a portare avanti relazioni collaborative e cooperative che risultano più vantaggiose per tutti i partecipanti rispetto a quelle conflittuali.
Relativamente al fatto che noi offriamo di più agli altri rispetto a quanto riceviamo in realtà non è del tutto vero. Pare che in questo ci sia una distorsione psicologica nella nostra percezione. Secondo una ricerca condotta da Michael Ross e Fiore Sicoly sulla ripartizione delle faccende domestiche in casa all’interno di una coppia si è visto che entrambi i partner dichiaravano di svolgere ciascuno il 100% del lavoro, quindi qualcuno di loro sovrastimava il proprio contributo. Questa distorsione percettiva pare che sia dovuta al fatto che la mente ricorda selettivamente quello che abbiamo fatto noi, ma non vede chiaramente quello che svolge il partner. Come se non bastasse, fuori casa siamo portati a credere che noi siamo guidati da principi morali molto elevati e che coloro che dissentono da noi sono cattivi, malvagi, negligenti o ignoranti.
In merito al dare agli altri più di quanto loro offrono a noi, che si riassume anche nel fattore di correzione enunciato dal chimico Premio Nobel Linus Pauling “Fai agli altri 20% meglio rispetto a quanto ti aspetti che gli altri facciano a te” sul piano psicologico sembra non funzionare. La gentilezza ha dei costi che occorre tenere presente che si basano su delle percezioni altrimenti si rischia di restare invischiati in un dare che viene vissuto alla lunga come eccessivamente deprivante. Questo non toglie, in ogni caso, che essere gentili e disponibili comporta dei vantaggi in sé e per sé a breve e lungo termine che possono comunque valere ampiamente la pena.
Infine, in riferimento alle caratteristiche di personalità che vedono non tutte le persone egualmente inclini alla gentilezza si possono suggerire alcuni modi pratici per poterlo diventare un po’ di più, senza necessariamente stravolgere la propria personalità:
- offrire motivi concreti, consolidati da nostri gesti e comportamenti, per ricevere gratitudine e benevolenza dagli altri
- offrire per primi agli altri ammirazione, rispetto, sostegno, aiuto, apprezzamento
- evitare il giudizio e le critiche non richieste
- mantenere le promesse formulate
- chiedere aiuto, ma senza indugiare nelle lamentele e insistere sulle manifestazioni di scambio e gratitudine
- avvalersi dell’ironia ogni volta che sia possibile per sdrammatizzare le situazioni
- ascoltare gli altri e porre domande per comprendere meglio il loro punto di vista, pur rispettando la privacy ed evitando l’invadenza
- tenere presente che dall’incontro con gli altri si ha sempre qualcosa da imparare.
La gentilezza è una disposizione d’animo che, volendo, si può allenare nella vita di tutti i giorni, a casa così come al lavoro, non servono grandi manifestazioni, ma si tratta di piccole attenzioni che possono concretizzarsi in modi sempre nuovi, utili, nel rispetto di se stessi e di chi ci circonda. I benefici possono superare di gran lunga i costi che essa può comportare.