Come le percezioni soggettive influenzano il modo di vedere la realtà
di Anna Fata
Tutti noi abbiamo un modo di osservare e interpretare la realtà che è profondamente soggettivo. Esso si costruisce negli anni, si può modificare nel tempo, ed è influenzato dagli schemi interpretativi che ci siamo costruiti tramite l’educazione, la cultura, il contesto familiare, sociale, scolastico, professionale, ambientale, politico, economico, storico in cui siamo immersi.
Tutti abbiamo degli schemi interpretativi che ci aiutano a decodificare la realtà, che ci permettono di comprendere noi stessi, gli altri, che contribuiscono a orientare i nostri pensieri, le emozioni, le scelte, i comportamenti.
Il modo in cui viviamo, agiamo e reagiamo è ampiamente influenzato da tali schemi: ciò che può fare la differenza è il grado di consapevolezza con cui li utilizziamo ed, eventualmente, decidiamo di modificarli o in ogni caso li consideriamo relativi e non assoluti. Esistono pressoché infinite interpretazioni della realtà, potenzialmente tutte potrebbero essere a loro modo vere, in parte o totalmente.
Come osserviamo gli altri e come veniamo osservati
Per orientare le nostre scelte e i nostri comportamenti, consapevolmente o meno, facciamo molto riferimento agli altri. Avere dei riferimenti sociali ci permette di orientarci in caso di situazioni nuove, inconsuete e ci fa sentire parte di un gruppo. A nessuno fa piacere sentirsi isolato o straniero.
Poiché la nostra osservazione e ancora più l’interpretazione di ciò che osserviamo viene filtrato dai nostri giudizi e pregiudizi per noi è importante conoscere ciò che sta alla base di tali filtri mentali.
La decodifica delle emozioni
Ciò che maggiormente osserviamo negli altri, oltre che in noi stessi, sono le emozioni e i relativi pensieri sottostanti. Alcuni dei dubbi che più di frequente ci frequente ci animano sono: Cosa penserà l’altro di me? Cosa prova l’altro per me?
Non sempre le risposte che ci auto forniamo sono corrette. Alcune ricerche hanno messo in luce che alcune persone non sono in grado di decodificare correttamente le espressioni facciali neutre, anche se magari al tempo stesso sono capaci di interpretare accuratamente altre espressioni emotive.
Secondo una ricerca pubblicata su Journal of Social and Personal Relationships coloro che sono cresciuti con genitori che hanno litigato molto non sono riusciti ad apprendere come leggere le espressioni neutre del viso, in quanto sono stati molto impegnati a individuare i segni ostili presenti nei conflitti. Questi ultimi erano utili loro per capire quando era necessario ritirarsi nella propria stanza, gli altri, invece, non sembravano offrire particolare valore e per questo non sono stati allenati a riconoscerli.
Il ruolo degli ambienti ostili nell’infanzia
In precedenti ricerche è emerso che ogni stato affettivo ed emotivo, ansia, stress, depressione, irritabilità possono influire sul modo in cui vengono lette le espressioni sul volto. In particolare si è riscontrato che coloro che nell’infanzia sono stati esposti a violenza, fisica e/o emotiva, abuso, trascuratezza sono più inclini da adulti a cogliere i segni ostili sui volti, anche quando non ci sono. Questo meccanismo pare che crei un circolo vizioso che si auto rinforza.
Quando noi pensiamo che una persona ha un’espressione del viso ostile, corrucciata, rabbiosa, siamo più propensi a rispondere a nostra volta in tale modo.
Alice Schermerhorn della University of Vermont ha esaminato 99 bambini di età compresa tra 9 e 11 anni che vivevano con entrambi i genitori biologici sposati, ipotizzando che coloro che assistevano ad alti gradi di conflittualità faticavano a leggere le emozioni positive, negative e neutre sui volti. In realtà, ciò che ha scoperto è che i figli di genitori altamente conflittuali sono capaci di decodificare accuratamente le emozioni positive e negative sui volti, al pari di tutti gli altri bambini, ma non quelle neutre.
Questa ricerca, tuttavia, risente di alcuni limiti: le fotografie dei volti da decodificare rappresentavano i medesimi attori bianchi, mentre nella vita reale si osservano perso in movimento. Inoltre, non è possibile prevedere come le loro reazioni potranno evolvere quando diventeranno adulti.
Le implicazioni pratiche sulle percezioni ostili
Lo studio di Schermerhorn, però, può rivelarsi molto utile per comprendere meglio i meccanismi che si verificano nel caso in cui gli stati emotivi distorcono la percezione dei volti. Ad esempio, quando si è ansiosi o depressi si tende a decodificare i segni del volto in modo negativo e in generale ad escludere quelli positivi.
La buona notizia è che esistono delle vere e proprie tecniche per imparare a interpretare i segni ambigui dei volti in modo più positivo. Ad esempio, Melissa Brotman del National Institute of Mental Health ha messo a punto dei trattamenti per aiutare i bambini cronicamente irritati e che tendono a interpretare i visi neutri o ambigui in modo per lo più negativo. Già dopo una settimana di addestramento tramite un feedback computerizzato si è riscontrata una ampia riduzione nella percezione degli indizi ostili e un miglioramento dello stato dell’umore.
Come cambiare la percezione di ostilità da adulti
Nel caso degli adulti, per cambiare il proprio approccio, è anche possibile semplicemente riflettere sul fatto che i volti che non brillano di gioia e di positività non necessariamente stanno trasmettendo qualcosa di negativo.
Le sopracciglia in questo senso possono avere un ruolo determinante nella decodifica emotiva dei volti. Talvolta le sopracciglia scure, molto folte, a forma di V tendono a trasmettere un senso di rabbia, ostilità, anche se queste possono non essere necessariamente presenti, al punto che anche la manifestazione di un eventuale sorriso viene percepita in modo non particolarmente positivo.
In conclusione: anche se il nostro modo di percepire la realtà, e con essa anche i volti delle persone, si apprende fin da piccoli, non è immutabile, ma con appositi esercizi e professionisti formati al proposito, si può modificare e rendere più fedele alla realtà e capace di farci vivere in modo più sereno e adattato con noi stessi e con gli altri.
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