Come mantenerti in forma con l’economia comportamentale
di Anna Fata
L’essere umano, per sua natura, è tutt’altro che logico, ma prima di tutto e soprattutto un essere emotivo. L’economia comportamentale questo lo ha ben compreso da tempo e in quanto tale le sue strategie e tecniche in termini di decisione e azione possono essere molto efficaci proprio per tale motivo.
La finanza comportamentale – una branca interdisciplinare dell’economia e della psicologia cognitiva, che studia il comportamento di scelta economica con metodo sperimentale, secondo la definizione dell’Enciclopedia Treccani – è molto concreta, pratica, basata sui fatti e trova le sue applicazioni in diverse situazioni legate ai comportamenti di consumo.
Il legame tra fitness ed economia comportamentale
In una sperimentazione condotta da Talya Miron-Shatz, fondatrice del Center for Medical Decision Making, ha ipotizzato che i suoi studenti dovessero assistere la Switch2Health, un’azienda che vendeva orologi capaci di monitorare l’attività fisica. Ogni 60 minuti di movimento appariva sul dispositivo un codice da inserire sul sito dell’azienda al fine di ricevere dei punti. Questi ultimi potevano in seguito essere convertiti in premi di grande appetibilità. L’iniziativa, però, non sortì il successo sperato, in quanto le persone tendevano a non riscuotere il loro punti.
Secondo la “teoria del prospetto” di Daniel Kahneman e Amos Tversky noi prendiamo le nostre decisioni, soprattutto in condizioni di rischio, cioè quando possiamo, almeno approssimativamente, stimare la probabilità associata a ciascuna evenienza, in modo non del tutto razionale.
In modo particolare l’elemento determinante nelle scelte è relativo alla avversione alla perdita. Non solo le perdite ci appaiono maggiori rispetto ai guadagni, ma una volta in cui possediamo qualcosa l’idea di rinunciarvi diventa doloroso, anche se l’oggetto in sé all’inizio non era particolarmente desiderabile.
Per tradurre questa teoria nell’esempio concreto del fitness questo significa che anziché iniziare la raccolta dei punti da zero, tramite gli esercizi fisici, sarebbe più opportuno invertire la prospettiva, cioè partire attribuendo i punti e poi togliendoli nel caso in cui non si svolga il moto programmato.
L’avversione alla perdita come incentivo alla pratica del fitness
L’esperimento degli studenti di Talya Miron-Shatz è pertanto proseguito su due gruppi di studenti della University of Pennsylvania. Ad essi è stato chiesto di indicare la frequenza con cui settimanalmente praticavano sport. Successivamente è stato assegnato l’orologio capace di monitorare le prestazioni sportive e sono state stabilite le ore settimanali medie per esercitarsi, rispettivamente 3 oppure 5 ore.
Per verificare l’avversione alla perdita e se e come questa può alimentare la motivazione a metà dei ragazzi sono stati assegnati i punti in anticipo, con l’avvertenza che li avrebbero progressivamente persi se non avessero rispettato gli impegni prefissati, nello specifico 60 punti per ogni ora. All’altra metà degli sportivi i punti invece sono stati attribuiti a mano a mano che praticavano lo sport, anche in questo caso 60 punti per ogni ora.
L’importanza di avere un obiettivo
I risultati sono stati in parte sorprendenti: coloro che avevano un monte ore più elevato di attività fisica da svolgere si sono allenati di più: ad esempio, nel caso di 3 ore a settimana, il tempo investito in più è stato mediamente di 1 ora e 27 minuti ogni settimana; quando l’obiettivo era di 5 ore a settimana l’impegno è stato di 2 ore e 15 minuti. Questo può indicare in primo luogo che basta fissarsi un obiettivo per alimentare la motivazione a svolgerlo e in secondo luogo che la percezione soggettiva del proprio impegno può essere assai inferiore rispetto a quanto effettivamente è.
Anche se nella sperimentazione, in realtà, i punti non avevano un valore monetario spendibile, dato che si trattava di una simulazione, gli studenti si sono dimostrati assai attenti e perseveranti nell’ottenere e nel mantenere i punteggi dati.
Ad esempio, a coloro che sono state assegnate 5 ore settimanali di attività fisica e 300 punti, cioè 60 ogni ora, essendosi esercitati mediamente per 2 ore e 64 minuti hanno vissuto una parziale sofferenza legata alla perdita di una parte dei punti, ma loro hanno dimostrato di essersi impegnati molto di più rispetto a coloro che avevano ricevuto i punti non in anticipo, ma in concomitanza con lo svolgimento del compito e che mediamente si sono impegnati per 1 ora e 38 minuti. Risultati simili sono stati rilevati anche nel caso dell’obiettivo di 3 ore di moto a settimana.
Si deve anche precisare che, in verità, veniva considerata attività fisica una lunga serie di impegni, che non sempre erano strettamente sportivi: ad esempio, saltare ad un concerto, camminare, correre, praticare sesso.
In conclusione
Da questo semplice esperimento si può dedurre come l’economia comportamentale possa avere numerose applicazioni nella vita quotidiana, e non solo in ambiti strettamente legati al denaro, gli investimenti, i consumi.
Inoltre, tale sperimentazione indica quanto possa essere importante per noi sia fissare degli obiettivi, sia fare leva sulla avversione alla perdita per poterli raggiungere, impegnandosi e nutrendo continuamente la nostra nostra motivazione. Se poi a beneficiarne è anche la salute, tutta la nostra esistenza può essere ulteriormente migliorata.