Coltivare la serenità per stare bene con se stessi e con gli altri
Di Anna Fata
Una recente indagine condotta dal Censis ha tratteggiato, tra le altre cose, le disposizioni mentali ed emotive più diffuse nel 2017 in Italia: al primo posto è risultato il rancore, seguito dall’ottimismo, dal pessimismo e dalla fiducia.
Un quadro non del tutto idilliaco, ma per certi versi prevedibile osservando i macro fenomeni sociali, politici, economici, culturali attuali, di cui si può avere anche grande sentore da quanto si legge nei social media.
Che cosa è il rancore?
Etimologicamente, in senso concreto, il rancore è rappresentato dall’odore e sapore acre e disgustoso che assumono i cibi quando vanno a male. In senso figurato è l’odio sommerso, tenace, che si continua a rialimentare dentro se stessi.
Il rancore è una evoluzione del risentimento, è un continuo tornare sia mentalmente, sia emotivamente su un fatto, un evento che abbiamo considerato ingiusto e che ci ha procurato sofferenza.
Socialmente il risentimento si basa in ampia parte sulla sensazione che un agente, una entità esterna neghi risorse, opportunità che si ritiene che debbano essere accessibili a tutti. Nella società attuale si fonda in ampia parte sulle disuguaglianze sociali, l’immobilismo sociale, la difficoltà di accedere alle risorse e la conseguente competizione per raggiungerle.
Sul piano sociale il rancore può sfociare in manifestazioni pubbliche, più o meno violente, oppure può restare confinato anche per lunghi periodi in forme di egoismo, individualismo, chiusura al prossimo, rifiuto di qualsivoglia forma di condivisione, collaborazione, cooperazione.
Il rancore minaccia non solo l’ordine pubblico, ma anche le piccole e grandi relazioni della vita individuale.
A livello individuale il risentimento può essere legato ad un fatto reale o anche solo immaginato. Quello che conta è spesso la percezione di un evento, di un fatto, più che il fatto in se stesso. In genere il risentimento va ben oltre un singolo episodio, ma ha radici molto più lontane. E’ il risultato di una lunga serie di insoddisfazioni pregresse. Spesso se riguarda la relazione con una persona può accadere che le intenzioni dell’altra persona siano molto diverse rispetto a come noi le abbiamo interpretate.
A quel punto scatta dentro di noi una sorta di lotta di potere tesa ad avere “ragione” a tutti i costi, a rivendicare una sorta di sottile vendetta, che porta a restare aggrappati a offese presunte, in quanto percepite come tali, che rinfocolano incessantemente l’astio, l’acredine, l’avversione verso quanto accaduto e la persona che riteniamo in quel momento colpevole.
Il fatto che il risentimento, in realtà, sia una disposizione d’animo molto più profonda, radicata e vada ben al di là di un singolo evento che crediamo essere scatenante, ne è prova che, eventualmente, una volta risolta una situazione che riteniamo che ci susciti risentimento se ne presenta dopo poco immancabilmente un’altra. E il circolo vizioso inevitabilmente ricomincia.
Nel risentimento il passato continua a insinuarsi nel presente, viene costantemente riattualizzato, rivissuto, con tutte le colorazioni emotive e cognitive per lo più negative che esso comporta. E’ una ferita sempre viva che ogni giorno o quasi torna a sanguinare e che contribuisce a alimentare il desiderio di rivalsa.
Vivere nel risentimento è come restare aggrappati al passato e impedire a se stessi di andare avanti. E’ un modo di imprigionare se stessi continuando a nutrire emozioni e pensieri negativi e distruttivi, di sé, prima di tutto, e della relazione con l’altro. Il rancore, come qualsiasi altra emozione finisce alla lunga anche con il danneggiare la salute, esponendo a maggiori rischi di problemi cardiaci, ipertensione, disturbi digestivi, cefalea.
Vivere nel risentimento è un modo per ipotecare il futuro con progetti di rivalsa e vendetta che, magari, mai verranno attuati, ma che comunque comportano un dispendio spesso ampio di tempo, attenzione, energia.
Come superare il rancore?
Superare il rancore è prima di tutto un dono che si fa a se stessi. Non si tratta di dimenticare il passato, ma di dissociarlo da una colorazione emotiva, per lo più dolorosa, che lo rende tanto difficile da tollerare e che, peggio ancora, viene costantemente rievocato nella quotidianità.
Alcuni suggerimenti utili per superare il rancore possono essere:
- Coltivare la consapevolezza del momento presente di pensieri, sensazioni fisiche, emozioni contingenti senza fare alcunché per cambiarli, ma semplicemente assistendo al loro spontaneo sorgere e andarsene, senza trattenerli né coltivarli
- Cogliere tempestivamente, al loro insorgere, i pensieri, le sensazioni, le emozioni legate al risentimento in modo da non alimentarli e farli sfumare sul nascere
- Accettare che dentro se stessi possono coesistere pensieri ed emozioni anche molto diversi da loro, a volte contraddittori, a volte poco piacevoli, compresa la sofferenza che a volte tanto ci spaventa e ci inquieta
- Accettare il fatto che il passato è passato, che non si può cambiare i fatti che sono accaduti, ma che si può modificare attivamente il modo in cui vengono interpretati
- Prendere atto che non sempre le intenzioni con cui gli altri parlano, agiscono, reagiscono sono le stesse con cui poi noi interpretiamo le loro parole, azioni, reazioni e che magari intenzioni che non crediamo siano malevoli per l’altro non sono tali
- Osservare le aspettative che noi nutriamo verso le situazioni, gli eventi, le persone e accettare umilmente che gli altri non ci devono nulla, né essere né comportarsi secondo i nostri standard, regole o dettami
- Comprendere con tutto se stessi che non possiamo pretendere di avere il controllo su tutto né su tutti, neppure su noi stessi: non è in nostro potere
- Rendersi conto che continuando a rimuginare su torti presunti, delusioni, insoddisfazione fa solo male a se stessi e sottrae tempo, attenzione ed energia per attività e progetti che nel presente possono contribuire a rasserenarci, soddisfarci, realizzarci
- Prendere atto che la sofferenza, l’odio, la vendetta non sono modi per placare i nostri dolori a cui solo noi in prima persona possiamo porre rimedio
- Comprendere che emozioni e pensieri negativi si autoalimentano, ma che è possibile infrangere in qualsiasi momento questo circolo vizioso
- Infine: assumersi la responsabilità della propria vita interiore. Se è vero che non possiamo cambiare gli altri, gli eventi passati, possiamo cambiare la nostra interiorità e soprattutto il modo di interpretare noi stessi, gli altri, i fatti e il mondo in modo da costruire attivamente la nostra serenità da dentro. Qui sta il nostro vero potere.
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