5 Regole fondamentali per diventare più produttivi al lavoro

Come lavorare sereni e raggiungere i propri obiettivi
Di Anna Fata

 

produttività lavoro

 

Oggi più che mai abbiamo tanto lavoro da svolgere. Spesso sembra tutto urgente, importante, non delegabile né differibile. Facciamo fatica a stabilire delle priorità, ci sentiamo sovraccarichi fisicamente, emotivamente, mentalmente. Ci sentiamo indispensabili, siamo appesantiti dalle responsabilità, stressati, sollecitati dalle infinite richieste di chi ci sta intorno.

In queste condizioni spesso si rischia di perdere tempo, di smarrire il focus dell’attenzione dagli obiettivi che realmente contano, di commettere errori che fanno perdere ulteriore tempo per la loro correzioni o, peggio, ancora, risultano irreparabili.

Come uscire da questo vortice di sovraccarico fisico ed emotivo? Come riconoscere gli obiettivi primari da quelli secondari? Come imparare a delegare le mansioni che non richiedono necessariamente la nostra presenza? Come lavorare più sereni, essere più produttivi e migliorare la qualità delle performance?

Per fare questo occorre superare alcuni luoghi comuni che aleggiano intorno al lavoro, alle performance, alla produttività:

  1. Se si lavora di più si svolge più lavoro
  2. Aggiungere più persone ad un progetto implica la possibilità di terminare prima
  3. La produttività è pressappoco costante e si può programmare con un certo grado di affidabilità.

Per i lavori intellettuali, in realtà, questi luoghi comuni sono non solo in buona parte falsi, ma anche dannosi.

 

Per superare tali convinzioni possono risultare utili alcune regole:

  1. La produttività varia di giorno in giorno. Si è visto che la produzione industriale, soprattutto se si prevedono in anticipo eventuali errori o incidenti che si possono verificare e il modo di risolverli, può essere in buona parte programmata. Nel caso di lavori basati prevalentemente sull’intelletto, invece, questa strategia risente di notevoli limiti. Ogni lavoratore è un essere umano e difficilmente si può sapere a priori quanto produrrà nel suo lavoro intellettuale il giorno successivo. Questo dipende in ampia parte dalle sue condizioni psicofisiche che sono soggette a continue variazioni difficilmente programmabili né prevedibili a priori. La produttività del lavoro intellettuale può essere molto variabile di giorno in giorno, di ora in ora, sia in quantità, sia in qualità. I lavori che comportano un’ampia componente creativa, in particolare, risentono molto delle condizioni fisiche ed emotive della persona.
    Cosa fare? Evitare di programmare le proprie giornate lavorative basandosi sui giorni che si sono rivelati più produttivi, basare la programmazione delle proprie attività in base al lavoro medio che si è svolto in passato, non colpevolizzarsi, punirsi, preoccuparsi per le proprie giornate di bassa produttività qualitativa o quantitativa
  2. Lavorare più ore implica portare a termine meno compiti: quando si resta indietro si tende a lavorare di più per riportarsi in pari col lavoro. In realtà, si è visto che il sovraccarico emotivo e cognitivo che produce lavorare di più fa diminuire la produttività. In particolare si è rilevato che dopo le otto ore di lavoro la produttività si dimezza. Per i lavoratori d’intelletto la relazione tra ore di lavoro e risultati non è lineare.
    Cosa fare? Evitare di lavorare sistematicamente più del dovuto in quanto il massimo della produttività si registra entro le 35 ore a settimana, fare delle brevi pause durante la giornata e delle vacanze nel corso dell’anno, provare diversi schemi di lavoro e verificare quale è più funzionale per se stessi, ad esempio cinque ore per sette giorni, oppure lasciando libero il fine settimana
  3. Lavorare più intensamente significa portare a termine meno compiti: nella produzione industriale si può lavorare più intensamente e produrre di più, ma per i lavoratori intellettuali accade l’opposto. Ci sono abilità che non si possono forzare: la creatività, la buona scrittura, l’apprendimento, l’attenzione, il pensiero veloce, il brainstorming. In questi casi più si lavora intensamente, più ci si sforza, meno si produce.
    Cosa fare? Evitare di mettersi sotto pressione, evitare di mettere sotto pressione i propri collaboratori, perché la pressione è nemica della buona produttività, programmare una quantità di lavoro pari all’80% delle proprie possibilità medie, questo consente di essere più rilassati e creativi
  4. Procrastinare può essere un bene: nel mondo industriale la linea produttiva dovrebbe essere sempre in funzione per poterla ottimizzare. Nelle professioni intellettuali il senso comune vive la procrastinazione come un problema a cui dover porre rimedio il prima possibile. In realtà, non sempre la forza di volontà, il giusto stato d’animo, le adeguate condizioni fisiche mettono nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio lavoro. Lavorare in condizioni non ottimali rischia di portare a performance scadenti, perdita di tempo, revisioni continue, correzioni degli errori. In questi casi meglio prendersi un breve periodo di relax e riflessione per tornare all’opera ricaricati
    Cosa fare? Procrastinare è un’arte che va svolta senza sensi di colpa, assumersi la responsabilità della scelta di procrastinare, rispettando le scadenze oppure post ponendole e informando le persone coinvolte nel progetto, convincersi che il tempo che ci si gode sprecando il tempo non è tempo sprecato
  5. La felicità è il motore ultimo della produttività: il modo migliore per produrre di più al lavoro consiste nell’essere felici e gioire della propria attività.
    Cosa fare? Per essere felici al lavoro esistono alcune cose che si possono compiere per migliorare la propria condizione professionale: apprezzare i lati positivi che comporta il proprio lavoro, evitare di focalizzarsi eccessivamente sui limiti, i problemi, le difficoltà, coltivare le relazioni con i colleghi e i superiori, trovare il modo per mettere a frutto le proprie potenzialità, fare delle piccole pause in modo da essere sempre attenti e focalizzati, e se proprio non si riesce a migliorare il modo in cui si vive il lavoro è sempre possibile cercarne un altro.

I vecchi modi di concepire il lavoro, secondo il modello industriale non sono più applicabili oggi, specie per le professioni intellettuali. E’ un modello che illude di poter detenere il controllo, la prevedibilità su ogni progetto, obiettivo, azione, ma questo non è possibile in assoluto. Il nuovo modo di lavorare, per essere efficace, dovrebbe essere maggiormente centrato sulle persone, i ritmi fisiologici, le relazioni, il dialogo, lo scambio, il confronto, l’empatia, l’umanità, prima ancora che sui numeri. Paradossalmente proprio quando si sposta l’attenzione dai numeri alle persone anche i risultati professionali possono migliorare in qualità e quantità.

 

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18 Settembre 2017 

“Esercizi di Benessere e Felicità”

 

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