Senso di colpa: come può favorire o ostacolare la tua vita

Senso di colpa

Coltivare il sano senso di colpa per imparare dalle esperienze

di Anna Fata

Quante volte nella nostra vita privata o professionale possiamo avere pensato che avremmo potuto agire invece di non compiere alcunché, comportarci diversamente, o non agire affatto. Quante volte questi pensieri si possono essere intrecciati ad emozioni di disagio, ansia, ruminazione mentale, ripensamenti continui, paralisi nell’azione, tristezza, ansia, sconforto, dolore, desiderio di cambiare le cose, ma senza poterlo fare.

Almeno una volta nella vita, forse, sarà capitato a ciascuno di noi di vivere queste emozioni e pensieri e non sapere come fare per rimediare.

Cos’è il senso di colpa

In termini psicoanalitici il senso di colpa si costituisce progressivamente nel corso dell’infanzia quando inizialmente si tende a rispettare le regole per timore delle possibili punizioni, o di perdere l’affetto delle persone care.

In seguitosi affaccia il dispiacere per avere leso se stessi o gli altri, che si accompagna alla libertà di azione, alla responsabilità verso essa e al desiderio di rimediare quanto fatto.

Al di là delle possibili implicazioni oggettive, reali o non che possano essere, nel senso di colpa c’è proprio la sensazione di avere compiuto qualcosa di illecito o sbagliato. E’ proprio questo vissuto che innesca le reazioni interiori più dolore e il tentativo concreto di riparare a quelle che noi consideriamo delle malefatte.

Il senso di colpa conscio e inconscio

Non tutto ciò che sperimentiamo nel profondo si colloca su un piano conscio.

Il senso di colpa è conscio quando sappiamo riconoscerlo come tale e ci sprona a intraprendere delle azioni riparative rispetto a quanto compiuto.

Al contrario, il senso di colpa è inconscio quando è imputabile a fantasie, motivazioni irrazionali che si possono alimentare da una difficoltà di distinguere precisamente tra mondo esterno e interno, tra pensiero e realtà.

Quest’ultimo è il più difficile da affrontare e superare, può compromettere la stabilità mentale, l’autostima, l’immagine di sé, la sicurezza in se stessi e, al limite, può dare adito a vere e proprie patologie psichiche, ansia, depressione e diverse forme di nevrosi. D’altra parte, esiste anche un altro fronte che si potrebbe definire patologico e che consiste nel non provare alcun senso di colpa per le trasgressioni perpetrate.

La colpa persecutoria e riparativa

Secondo lo psicoanalista Dan Carveth esistono due forme di senso di colpa, persecutoria e riparativa che sono in grado di minare radicalmente o sostenere l’equilibrio psichico.

Nel senso di colpa persecutorio l’ostilità viene rivolta contro se stessi. Questo atteggiamento dà adito ad azioni di autosabotaggio e altre forme di comportamento autolimitanti.

Nel tempo, poi, l’evoluzione psichica dovrebbe portare allo sviluppo del senso di colpa riparatorio o “colpa depressiva”. Essa è il risultato del conflitto primario tra amore e odio verso ciò a cui ci relazioniamo.

L’ambivalenza tra amore e odio

Quando siamo piccoli la nostra mamma e con essa il suo seno, non sono costantemente disponibili come vorremmo. Questo suscita una ambivalenza di amore e odio che si manifesta con fantasie di distruzione del seno cattivo, in quanto assente, stesso, che crea frustrazione del proprio desiderio.

Queste immagini aggressive innescano ansia e colpa inconsci in forma persecutoria, che a loro volta danno adito all’impulso di riparare la propria aggressività.

Questi vissuti di riparazione sono basilari per l’intera esperienza di amore, del darlo e riceverlo. Questo tentativo di riparazione, nell’età adulta, è anche quello che può orientare verso attività creative, che possono permettere una visione diversa del mondo, e della madre stessa, buona e nutriente.

Il senso di colpa riparatorio si potrebbe definire anche come il giro di boa che sancisce il passaggio dall’infanzia all’età adulta, perché consente di restaurare i danni arrecati ad una relazione.

Per essere ancora più concreti si può dire che se ledo una relazione posso fustigarmi, flagellarmi, distruggermi, con un senso di colpa persecutorio, oppure posso cercare dei modi per rimediare grazie ad un senso di colpa riparatorio.

In sintesi: la persecuzione si focalizza su se stessi, la riparazione sull’altro.

Imparare a scusarsi

Il senso di colpa riparatorio è anche quello che consente di di scusarsi e agire concretamente in modo da compensare le azioni (e non) precedenti, al fine di preservare il bene dell’altro, oltre che la relazione.

E’ animato non da disperazione, umiliazione, inedia, ma da disapprovazione, empatia, coscienza come farebbe un buon genitore verso il proprio figli che ha commesso un errore e che mostra sincero pentimento.

La colpa persecutoria, invece, non permette la cura dell’altro, di sé e della relazione. Non consente di individuare le proprie responsabilità né di porvi rimedio. Riconoscere le proprie responsabilità può essere molto doloroso, perché intacca il nostro narcisismo, che comporta la centratura totalizzante su se stessi e che entro certi limiti appartiene a tutti noi, ma oltre un determinato confine può interferire pesantemente con la propria vita di relazione.

Quando riconosciamo un errore è come se improvvisamente la nostra visione di noi stessi e della realtà si tramutasse in tutta cattiva, senza possibilità di rinvenire alcunché di buono. Tale atteggiamento pare che derivi dalla nostra infanzia quando precocemente abbiamo scisso il mondo in tutto buono, oppure cattivo.

La colpa persecutoria ci protegge da questo grande dolore e dalla considerazione di se stessi completamente dicotomica e negativa.

Per evitare di cadere in questa trappola potrebbe essere opportuno diventare consapevoli delle proprie colpe, senza però renderle totalizzanti. Quest’ultimo atteggiamento, infatti, alla lunga può sfociare in forme di dolore patologiche con pesanti implicazioni personali e sociali.

Riconoscere, invece, le proprie responsabilità e il modo in cui agisce il senso di colpa e le sue sfaccettature positive e costruttive ci può aiutare a ricostruire la nostra identità e la nostra relazione con l’altro su basi più solide, intime, empatiche, durature.

 

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