4 Sintomi del non prendersi cura di sé

Come capire se non ci stiamo prendendo cura di noi stessi
di Anna Fata

 

benessere cura

 

Prendersi cura di sé: non è sempre facile né scontato come potrebbe sembrare. A volte ci occupiamo del corpo, magari solo quando duole, per il resto ce ne dimentichiamo. Altre volte ci dedichiamo al corpo più per una questione di forma, di apparenza, di mera estetica che non per reale interesse, rispetto e considerazione d’esso in quanto emanazione e veicolo anche di una vita interiore più ampia.

A volte ci prendiamo cura della nostra vita psicoemotiva quando soffriamo al punto da tale de non poterne fare a meno. Più di rado ci dedichiamo ad essa quando già stiamo bene, per potere stare meglio o anche solo per il gusto di conoscere e comprendere chi siamo, cosa vogliamo fare o diventare, per comprendere meglio gli altri, il mondo.

Talvolta alberga in noi una sorta di senso di colpa nel dedicarci a noi stessi, come se fosse un atto di egoismo verso le persone care che ci stanno intorno, o una perdita di tempo nei confronti delle tante incombenze e doveri che dobbiamo ottemperare ogni giorno.

In alcuni contesti sociali, inoltre, le questioni legate al benessere mentale ed emotivo sono tenute in minore considerazione rispetto a quelle attinenti al corpo, come se fossero un segnale di debolezza personale. Questa connotazione risulta particolarmente accentuata tra gli uomini.

Oltre a ciò esiste attualmente in molti contesti uno stile di vita improntato alla velocità, alla superficialità, mentre le questioni attinenti al benessere interiore, essendo complesse, richiedono tempo, pazienza, introspezione, e non possono essere liquidate con tecniche pronte all’uso, veloci, semplicistiche. Le pillole, ad esempio, sono un chiaro esempio di come cerchiamo di mettere a tacere un sintomo emotivo che, se ascoltato, potrebbe esso stesso portare con sé la soluzione.

All’opposto, in alcune persone vi è il pregiudizio che affrontare la propria sfera emotiva e mentale passi necessariamente attraverso l’assunzione di terapie mediche, di approcci medicalizzati di cui hanno timore, o resistenza e a cui sono contrari.

In realtà, se non affrontiamo i nostri disagi interiori, come possiamo occuparci al meglio degli altri, come possiamo offrire loro l’attenzione e l’affetto che meritano se noi non ne abbiamo altrettanto per noi stessi?
Perché aspettare di non stare bene per dedicarci a noi stessi quando potremmo stare meglio quando stiamo bene e potenziare le nostre risorse che ci torneranno utili nei momenti di difficoltà?

Il corpo, la mente, la sfera emotiva, alla lunga, possono soffrire di fronte alle nostre trascuratezze.

 

Come capire che non ci stiamo occupando a sufficienza di noi stessi?

Quando trascuriamo noi stessi, quando ci abbandoniamo, possono esserci dei segni che indicano questo processo in atto:

 

  1. Si giudica se stessi: spesso si tratta di giudizi crudi, esigenti, impietosi, freddi, distruttivi (es. sono inadeguato, cattivo, incapace, brutto, stupido, non faccio mai nulla di giusto,ecc.). ogni giudizio è soggettivo, rappresenta una visione della realtà, come tale non può essere né giusto né sbagliato. Ognuno ha il suo. A cosa serve un giudizio se non a perdere lucidità e obiettività? A cosa serve se non incasellare se stessi in modo rigido, dicotomico, una casella da cui è difficile uscire e come tale ostacola il nostro cambiamento? Spesso si apprende questo schema cognitivo giudicante fin da piccoli. Così come da piccoli si veniva trattati in questo modo, da adulti si apprende a trattare il proprio bambino interiore allo stesso modo. Quando si riconosce questo schema di pensiero e di comportamento e progressivamente lo si lascia andare, il bambino interiore si sente più libero di esprimersi, agire, si sente accolto, accettato, amato, con tutte le sue potenzialità e limiti, che sono tipici di tutti gli esseri umani
  2. Si resta confinati nella mente: quando si rimugina troppo, e il pensiero in genere è orientato al passato, o al futuro, si perde di vista il presente, la percezione del corpo, la sensorialità, e tutto quello che si sta vivendo in quel momento. Proiettarsi nel futuro o nel passato impedisce di essere consapevoli del presente e soprattutto di agire consapevolmente in esso, che è l’unico momento in cui possiamo veramente cambiare le cose, e, volendo, anche noi stessi. Quando si trascurano le percezioni e le emozioni del presente il bambino interiore si sente trascurato, ignorato, inascoltato, abbandonato. Alla lunga questo atteggiamento può indurre ansia, tristezza, depressione, stress
  3. Si sviluppa una dipendenza: esistono dipendenze di diversi tipi, non solo da sostanze, ma anche e soprattutto emotive. Sono proprie queste ultime le più difficili da riconoscere e sradicare. Quando si vive una condizione di abbandono, a causa del giudizio di sé, della mancata accettazione, accoglienza, amore, quando si fugge dal presente, ci si rifugia nelle dipendenze per attutire il dolore che sorge a causa di queste condizioni. Alcol, droghe, nicotina, smartphone, televisione, sesso, pornografia, shopping compulsivo, gioco d’azzardo, slot machine, soldi, si può diventare dipendenti praticamente da tutto e da tutti. Si sostituisce una forma di affetto di accoglienza, di benessere con qualcosa che allevia temporaneamente la tensione, ma alla lunga rischia di creare maggiori danni e soprattutto non risolve i problemi a monte
  4. Si rende responsabile qualcun altro delle proprie emozioni: quando si rende responsabile qualcun altro della propria condizione, di quel che si sente, si vive, si pensa, si abdica alle proprie responsabilità, si delega la propria vita a qualcun altro, si rinuncia alla possibilità di cambiare, volendo, la propria esistenza. Finché si abbandona se stessi, finché ci si sente non amabili, non degni di attenzione, cura, affetto, finché non si offre tutto questo per primi a se stessi, dall’esterno non potrà arrivare un trattamento diverso. Sta noi prendere nelle mani le redini della nostra esistenza. Nessuno si può sostituire a noi. Nessuno può fare al nostro posto qualcosa che noi stessi non siamo disposti a fare per primi. Tutto questo, volendo, può essere imparato. Da soli, o con l’aiuto di un professionista.

 

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