10 Indizi per smascherare un cattivo terapeuta

medico-psicologo

Saper scegliere il terapista che fa per noi

di Anna Fata

In un precedente articolo abbiamo elencato i modi per scegliere un bravo terapeuta, mentre in un altro abbiamo spiegato quali sono le motivazioni e le aspettative che ci spingono a chiedere aiuto. In questo articolo mettiamo in luce quali sono i segnali che indicano che il terapeuta che abbiamo di fronte non è abbastanza professionale.

Viktor Frankl parlava di “nevrosi iatrogena” per indicare una vera e propria patologia causata o peggiorata da un professionista della salute.

 

Come possiamo sentirci di fronte ad un terapeuta 

Non è sempre facile distinguere un bravo terapista da uno che non lo è, specie per un non addetto ai lavori. Tutti, soprattutto quando non stiamo bene, cerchiamo accoglienza, calore, rassicurazione sul piano umano. In condizioni di fragilità non sempre siamo in grado di renderci conto di chi si sta approfittando di noi. In genere si tratta di segnali sottili, per lo più non verbali che fanno la differenza, ma in tale contesto contano molto.

A volte quando non ci sentiamo umanamente a nostro agio tendiamo a reagire ignorando il comportamento, magari adattandoci, perché il terapista sta vicino a casa, oppure adotta tariffe a basso prezzo, oppure adduciamo delle scuse (es. forse ha avuto una cattiva giornata, forse non gli sto simpatico, forse ha bisogno di tempo per familiarizzare con me, ecc.).

 

Quando ci sentiamo a disagio

Esiste un vero e proprio meccanismo psicologico che interviene in queste circostanze: si tratta della dissonanza cognitiva che induce un disagio dovuto al conflitto interiore tra pensieri, convinzioni o sensazioni su qualcosa. Ad esempio, se ci troviamo di fronte un luminare con decenni di esperienza, che ha alle spalle migliaia di pubblicazioni scientifiche, ma non sembra mostrare un interesse genuino a prendersi cura di noi proviamo una dissonanza cognitiva. Da una parte vediamo la sua fama e professionalità attestata, dall’altra abbiamo la sensazione che, in realtà, non sia un così bravo terapista.

Partendo dal presupposto che ogni relazione umana è un caso a sé stante, che anche per i terapeuti più bravi non è possibile entrare in sintonia proprio con tutti i pazienti o clienti, esistono tuttavia, alcuni elementi che dovrebbero mettere in guardia in merito al professionista che si ha di fronte.

Oltre al passaparola, alle testimonianze di persone fidate, può essere buona cosa effettuare una ricerca sulle credenziali del professionista prima di un eventuale incontro e andare accompagnati, nel caso si tratti di un giovane paziente, in modo da avere un secondo parere.

 

10 Segnali per smascherare un cattivo terapeuta 

Ecco 10 di questi segnali per lo più non verbali che indicano che forse il terapeuta che abbiamo di fronte non sta adottando un comportamento pienamente professionale:

 

1. Rispondere al telefono mentre si sta effettuando un colloquio o una visita

Esiste un confine sottile tra telefonate urgenti, indifferibili, vere e proprie emergenze e disturbi, interruzioni, disattenzioni sistematiche. Se accade, un buon terapeuta si scusa e si sforza di fare meglio la volta seguente. Se la cosa si ripete, forse è meglio cambiare medico o psicologo.

2. Mangiare mentre si parla

A volte si tratta di prescrizioni mediche, terapeutiche indifferibili da assecondare, talvolta si tratta di difficoltà di coordinare vita privata e professionale, ma parlare o ascoltare mentre si mangia può risultare difficile da conciliare. Non si tratta tanto o solo di buona educazione, quanto di attenzione che rischia di declinare.

3. Parlare troppo di se stessi

Alcuni terapeuti sono molto auto-centrati, amano raccontare di sé, della vita, del lavoro, dei successi. Talvolta è un modo per rendersi umani, vicini al paziente o cliente, trovando un terreno comune d’incontro, o per trasmettere un insegnamento utile per la vita e la salute. Alcuni terapeuti, però, esagerano e usano il cliente per sfogarsi o autocelebrarsi, fine a se stesso.

4. Non rispondere alle telefonate dei pazienti in tempo ragionevole

Sicuramente esistono professionisti molto impegnati ed è difficile per loro stare dietro a tutti i pazienti e clienti. Se, però, un medico o psicologo non risponde o non richiama entro le 24 ore c’è da riflettere, soprattutto nei casi in cui magari si ha urgenza di contattarlo.

5. Intrecciare rapporti extra-professionali

Nonostante per ogni professionista, medico, psicologo, esista un codice etico e deontologico ben preciso che segna i confini tra rapporti personali e professionali e proibisce rapporti fisici, affettivi tra professionista e cliente, alcuni terapeuti superano questo confine. Altri, semplicemente, risultano avere una personalità affascinante. Il confine è sottile, ma ben preciso e chiaro tra le due situazioni.

6. Sentirsi giudicati

Nessun terapista, medico, o psicologo dovrebbe giudicare i suoi clienti e pazienti. Nessuno è perfetto. Se ci si reca da un curante è perché si riconosce di avere un problema e lo si desidera risolvere. Un buon terapeuta dovrebbe fare sentire accolti, accettati i propri pazienti.

7. Sentirsi trattati come numeri

Se il proprio terapeuta ha così tanti clienti da non riuscire a ricordare i nomi e le situazioni di ciascuno, forse è meglio prendere le distanze. Anche se si può soffrire di cattiva memoria, trascurare qualche piccolo dettaglio talvolta, proprio per questo è fondamentale avere una cartella clinica da ripercorrere prima dell’arrivo del paziente in modo da risultare preparati. Se si nota che il terapeuta è distratto, disconnesso, disinteressato, sovraccarico di lavoro, forse meglio trovare un altro curante disposto a offrire l’attenzione, il tempo, le risorse che ciascuno merita.

8. Non spiegare le cartelle cliniche e o le prescrizioni

Spesso la calligrafia, i tecnicismi possono rendere di difficile comprensione la diagnosi o la terapia del medico. Se egli non è disponibile ad ogni possibile chiarimento, meglio forse allontanarsi.

9. Sentirsi persi, confusi

Se si hanno domande, dubbi, un buon terapeuta dovrebbe concedere la possibilità di offrire tutti i chiarimenti del caso. Se non vi è questa possibilità, meglio cercare altrove.

10. Avere la sensazione di avere perso solo tempo e denaro

Forse questa sensazione non richiede ulteriori spiegazioni se non che una buona consultazione dovrebbe poter fornire risposte, rassicurazioni, chiarimenti e non un senso di perdita.

 

In conclusione

Trovare un terapista adatto a noi può essere un percorso che va subito a buon fine al primo tentativo, altre volte richiede più di una prova. La stessa persona che ci aveva aiutato in passato può non rivelarsi essere più la persona giusta in un momento futuro. Le esperienze altrui, inoltre, non sempre vanno bene per ogni altra persona, per questo occorre effettuare una accurata valutazione del professionista prima e durante il consulto, sia su un piano razionale (es. formazione, esperienza, ecc.), sia emozionale (es. empatia, ascolto, disponibilità, ecc.) e trarre le proprie personali considerazioni sulla base delle quali decidere.

 

 

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