Intervista a Pier Giorgio Curti, Psicoanalista
di Anna Fata
Oggi le nuove tecnologie, il Web, i Social sono entrati a pieno titolo nella nostra quotidianità. Nella vita privata, nello studio, nel lavoro, non possiamo più fare a meno di restare connessi, spesso 24 ore su 24, arrivando anche a sacrificare preziose ore di sonno pur di essere reperibili e di non perderci quello che sta accadendo nel mondo mentre noi siamo immersi nel fisiologico riposo.
Paradossalmente, nonostante questa immensa socievolezza, scambio, cooperazione, collaborazione che sembra essere costantemente a portata di mano, a nostra disposizione, sempre tangibile e reperibile, il senso di vuoto, di solitudine, di isolamento nelle vite di molti di noi sta crescendo a dismisura.
Ci circondiamo, ci riempiano di “like”, oggetti, strumenti, attività frenetiche pur di riempire quello che sembra inesorabilmente carente nel nostro interno.
Al limite, il vuoto, l’assenza, la solitudine hanno anche contribuito ad estremizzare vecchie e nuove forme di emarginazione che sempre sono sono esistite e, forse, sempre esisteranno, nonostante il Web, i Social, la banda larga e tutto quello che ci può aiutare a connetterci tra noi.
Cos’è l’emarginazione
L’emarginazione si può definire come uno status o condizione, individuale o collettiva, di esclusione dai rapporti sociali che può estendersi fino alla negazione dei diritti civili. Può assumere la forma di emarginazione individuale, che si può configurare come una forma di disagio psichico e sociale con un non volontario isolamento individuale, introversione, discriminazione, oppure di emarginazione sociale, che si connota come un tipo di disagio materiale e sociale connessa alla esclusione legale, discriminazione, povertà.
Oggi esistono zone del mondo in cui anche le norme legali minime del rispetto dell’umanità vengono disattese, in cui la povertà e la scarsità di mezzi e risorse impedisce una vita dignitosa. In realtà anche nel mondo che si definisce più evoluto e civilizzato la persistenza di preconcetti, pregiudizi, razzismi, stigmatizzazioni, discriminazioni possono assumere le forme più disparate e portare alla esclusione di una, più persone o intere classi sociali.
Conflitti familiari, sociali, individuali, ignoranza, superstizioni, povertà, carenze educative, disturbi psichici, appartenenze di genere, religiose, colore della pelle, razza, malattie fisiche e/o psichiche, età anagrafica, situazione di vita possono essere tra i numerosi fattori che portano ad essere emarginati.
Come sta evolvendo la nostra società? Il Web, i Social ci hanno reso più inclusivi o esclusivi? Cosa c’è alla base dei pregiudizi e della emarginazione? Cosa spinge una persona ad emarginarne un’altra? Come si sente una persona emarginata? Come sarà la società del futuro?
Abbiamo rivolto queste e molte altre domande a Pier Giorgio Curti, Psicologo, Psicoanalista, Responsabile OAMI, Livorno.
D: Dal punto di vista psicoanalitico cosa si intende per emarginazione, sociale e individuale?
R: Se dovessimo partire dal punto di vista della psicoanalisi per spiegare cosa è l’emarginazione dovremmo dire semplicemente che non dovrebbe esistere nessun processo di emarginazione, in quanto la barriera tra normale e patologico è sempre mobile. Ma sappiamo che il soggetto è lavorato dalla pulsione di autoconservazione, questa pulsione securitaria costituisce fuori di noi il nemico e il nemico deve subito essere emarginato, bisogna sollevare un muro tra noi e lui.
D: Come si colloca il concetto di emarginazione in rapporto all’adattamento?
R: La questione dell’adattamento è una gabbia stabilita dall’ideologia dominante, la si adatta a ciò che viene stabilito come norma. Perciò c’è una tensione continua tra norma e emarginazione.
D: Quando una persona si può definire a pieno titolo integrata individualmente e socialmente?
R: Intanto dobbiamo distinguere l’integrazione generativa dal conformismo. Integrazione non è conformismo, anzi il conformismo produce subito un effetto di emarginazione. Direi che è totalmente integrata la persona che si sente sempre disintegrata e fa di questa sua alterità il vettore di relazione etica con l’altro.
D: Che differenze ci possono essere, ammesso che vi siano, tra chi decide deliberatamente di emarginarsi e chi, invece, suo malgrado subisce tale condizione in quanto inflitta da altri o altro?
R: La differenza è assoluta. L’isolamento sociale è sempre esistito e gli adolescenti hikikomori di oggi ne sono un esempio potente, direi che la scelta dell’isolamento è una possibilità dell’agire libero dell’essere umano. L’esclusione invece è sempre violenta. Un disabile che è allontanato dalle dinamiche sociali non è accettabile.
D: Nel Web, nei Social oggi possiamo avere tante occasioni di condivisione, scambio, collaborazione, cooperazione, eppure molto spesso si assiste alla nascita di coalizioni, fazioni, liti, dissapori. Per ogni minima situazione sembra che cogliamo l’opportunità al balzo per farci la guerra gli uni contro gli altri. In che modo tali contesti possono esacerbare tendenze di emarginazione che forse sono sempre state presenti nella società e sempre ci saranno?
R: Freud diceva che l’odio è più antico dell’amore e Lacan rinforza dicendo che “l’odio è un percorso senza limiti”, quindi ogni spazio reale o virtuale è sede dello scatenamento di questi meccanismi primari del soggetto. E’ proprio questo odio che alimenta la logica dello straniero che diventa poi nemico. Il nemico rafforza l’identità.
D: Nella sua esperienza, quali sono i fattori che maggiormente inducono ad emarginare e ad essere emarginati?
R: Come dicevo sopra l’odio ha una radice fondativa nel soggetto, questa passione umana è il motore che attiva il processo di proiezione e di esternalizzazione di tale emozione addosso agli altri. L’altro che in qualche modo portatore di uno stigma diventa, inevitabilmente, oggetto di cattura di questo flusso di proiezioni.
D: Quali sono i vissuti più frequenti e comuni che sperimenta una persona che, suo malgrado, viene emarginata?
R: Il primo vissuto è ovviamente la percezione del rifiuto. Tale rifiuto alimenta nelle persone un profondo sentimento di distimia e questa alimenta inevitabilmente uno stato di depressione.
D: Tutti, più o meno, tendiamo ad alimentare credenze, convinzioni, preconcetti, pregiudizi. Quando questi vengono radicalizzati ed estremizzati si applicano contro l’altro fino ad escluderlo. Cosa induce una persona ad emarginare l’altra o interi gruppi sociali?
R: L’essere umano promuove continuamente la propria soggettivazione attraverso processi di identificazione, l’identità non è uno statuto ma una continua conquista. Le credenze, le convinzioni, i preconcetti sono un collante patologico che tende a irrigidire i processi di identificazione in una illusoria identità. Ecco che l’altro, il nemico, ci permette di credere per contrapposizione di essere identici a noi stessi.
D: Se e in che modo l’empatia potrebbe aiutarci a superare la tendenza ad emarginare il nostro prossimo?
R: Più che l’empatia, che non è un concetto molto amato da noi psicoanalisti, direi che è la capacità di ascoltare l’altro che abita in noi, l’inconscio, il gioco delle pulsioni. Solo in questo modo avremmo la possibilità di riconoscere tramite il nostro altro l’altra persona che a quel punto è prossima a noi.
D: Quali altri strumenti possiamo avere a disposizione per coltivare rapporti più inclusivi col l’altro?
R: E’ necessario cambiare punto di vista, i muri non devono più dividere, ma come ci indicava Bion, dobbiamo pensarli come una barriera di contatto, un muro poroso che permette alle identità di contaminarsi. Dobbiamo sempre di più sforzarci di pensarci soggetti collettivi.
D: Come vede possibile l’evoluzione della società e dell’individuo nel futuro, anche alla luce dei progressi tecnologici che si susseguono con tanta velocità?
R: La dimensione sociale può essere una grande occasione, ma dobbiamo uscire dalla visione neoliberista che ha trasformato le piattaforme in un grande mercato globale tagliando ancor di più fuori i soggetti più fragili. Dobbiamo declinare il nuovo futuro alla velocità dei più fragili.
D: Per concludere: ci presenta il convegno sull’emarginazione di cui è Direttore Scientifico e le motivazioni per cui potrebbe valere la pena partecipare?
R: Questo convegno, organizzato dall’O.A.M.I. e dal Rotary Club Livorno Mascagni, che si svolgerà il 16 e 17 ottobre nella Sala Conferenze del Cisternino di Città a Livorno ed è patrocinato dal Comune di Livorno, dalla Provincia di Livorno e dalla Regione Toscana, è stato pensato prima dell’emergenza Covid19, ma mai più di ora la tematica trattata diventa urgente: i muri di plexiglass, il distanziamento sociale, il fiato dell’altro vissuto come potenziale nemico portatore di contagio, tutto questo ci obbliga a ripensare alla metafora del muro come paradigma negativo di una società sempre più dispotica.
Stiamo riducendo sempre di più la libertà a vantaggio della sicurezza, ma la sicurezza non è mai abbastanza e a un certo punto la soglia di rinuncia della libertà si rende sempre più stretta, questo aspetto deve essere criticamente vigilato.
Il convegno va in questa direzione, legge i diversi lati di questo muro: il venerdì il fotografo Anselmi ci accompagna in un reportage fotografico lungo il muro di confine tra Stati Uniti e Messico, l’imprenditrice Darya Majidi, donna indicata da Repubblica tra le cento che cambieranno il mondo, ci parlerà del gender gap e delle possibilità per poterlo superare; l’attrice Carlotta Bianconi ci diletterà con una performance tratta da Antigone; il filosofo Umberto Curi indagherà il muro della pena e delle possibilità della giustizia riparativa per andare oltre la pena classica.
La critica d’arte Antonella Sciarra ci parlerà di come i muri possono diventare elementi di arte urbana e rinforzare attraverso la percezione di questi il nostro gusto estetico.
Ricominceremo sabato con la giornalista Annalisa Camilli dell’Internazionale che da sempre segue il tema dell’emigrazione con tutto ciò che ne consegue e proprio di questo ci parlerà; il sociologo del lavoro Federico Chicchi ci parlerà del tema dei nuovi lavori come muro di fronte all’evoluzione del soggetto; il filosofo Paolo Ercolani ci parlerà di realtà virtuale e come questo possa diventare un muro; infine, l’architetto Fabio Fornasari, direttore scientifico del Museo Tolomeo, ci parlerà dei muri che possono integrare.
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