Essere etichettati “in sovrappeso” fa male al corpo e alla mente
di Anna Fata
Ogni persona nasce con una sua specifica costituzione fisica. Essa in parte si può modellare nel tempo grazie alle abitudini familiari, culturali, educative, alimentari, sportive, ma fino ad un certo punto. Esistono e sempre esisteranno persone che saranno un po’ più in carne di altre, nonostante lo stile di vita e l’alimentazione corretta, rispetto ad altre che tendono ad essere più longilinee senza tanti sforzi.
A tali fattori si possono anche aggiungere patologie o farmaci che, tra gli effetti secondari, possono generare un aumento di peso, nonostante questo non sia voluto. Anche in questo caso, si possono adottare tutti gli accorgimenti del caso per ridurre questa evenienza, seppur con gli inevitabili limiti.
I danni del sovrappeso
Gli effetti collaterali che nel breve, medio e soprattutto lungo termine che il sovrappeso e l’obesità possono produrre sono ormai molto noti: aumento del rischio di malattie cardiovascolari, di tumori, sindrome metabolica, squilibri ormonali, difficoltà respiratorie, diabete, ipercolesterolemia, riduzione della aspettativa complessiva di vita.
Oltre alle implicazioni corporee, però, esistono anche quelle psicologiche, tra cui: stress, ansia, calo dell’autostima, svalutazione di sé, difficoltà relazionali e affettive, senso di colpa, vergogna, rabbia, dipendenze alimentari.
Come se non bastasse, oltre a tutto ciò vi è anche lo stigma sociale generato dal giudizio delle persone che può provocare un vero e proprio dolore fisico in chi ne è oggetto.
Il dolore provocato dallo stigma sociale
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Stigma and Health implicitamente, nel corso delle nostre conversazioni quotidiane, siamo soliti associare la sofferenza psicologica al dolore fisico. In base a questa ricerca si è rilevato che essere stigmatizzati socialmente a causa del proprio sovrappeso può indurre vero e proprio dolore sul piano fisico.
KayLoni Olson, presso il Weight Control and Diabetes Research Center, nello specifico ha indagato come influisce lo stigma sociale sulle donne che desiderano perdere peso. Dalla indagine è emerso che più elevato è il peso, maggiore è il dolore fisico percepito. In parte questo pare che sia dovuto allo sforzo eccessivo che devono sostenere le articolazioni e il maggiore rischio di incorrere in osteoartrite. In aggiunta, sembra che l’obesità provochi uno stato di infiammazione generalizzata del corpo capace di suscitare dolore in esso.
Come se non bastasse si è scoperto anche che le aree nel cervello che sono responsabili di elaborare il dolore fisico sono coinvolte anche nella sofferenza sociale. In questo senso pare che ci sia una vera e propria sovrapposizione neurale a livello cerebrale tra aree deputate al dolore fisico e a quello emotivo e sociale.
Come agisce lo stigma sociale
Lo stigma sociale interviene nelle persone nel momento in cui si crede che gli altri abbiano pensato o detto qualcosa di negativo su di noi, semplicemente a partire dal nostro peso corporeo. A nessuno fa piacere sentirsi definita, esplicitamente o implicitamente, grassa, grassottella, o con altri epiteti o eufemismi che spesso celano ironia, scherno, e in generale non rispetto per la propria condizione.
Lo stigma, e con esso la sofferenza e il dolore che ne derivano, ha un reale impatto nella persona solo quando si crede che i commenti negativi altrui siano veri. A quel punto si aggiungono le proprie critiche personali, che in genere sono le più efferate.
Chi ha interiorizzato lo stigma sociale basato sul peso corporeo crede effettivamente di essere brutta, sgradevole, non attraente o pigra. Esso può contribuire a distruggere totalmente l’autostima con numerose implicazioni psicologiche, tra cui: ansia, depressione, panico, alimentazione compulsiva, dipendenze di vario genere. Inoltre può contribuire a prosciugare la motivazione e la forza di volontà necessarie per intraprendere uno stile di vita e alimentare più sano ed equilibrato.
Il legame tra dolore fisico e psicologico
La ricerca della dottoressa Olson ha messo in luce che, all’interno di un gruppo di donne che seguivano un programma controllato di dimagrimento, coloro che all’inizio avevano dichiarato una percezione maggiore dello stigma sociale legato al sovrappeso hanno riferito anche più dolori nel corpo.
Il dolore di per se stesso può contribuire ad esacerbare il cattivo umore, abbassare il tono delle energie e fare calare il desiderio di impegnarsi in uno stile di vita più sano ed equilibrato che può portare alla riduzione di peso.
In generale, è probabile che uno stigma sociale legato all’immagine corporea continuerà ad esistere, come del resto è sempre esistito. Ciò su cui si può lavorare è il modo in cui ciascuna persona può percepire, elaborare, accettare questo stigma senza farsene carico e ledere la propria autostima, motivazione, serenità.
Se si cerca di piacere agli altri, se ci sia spetta di essere amati e accettati da coloro che ci circondano il rischio è che si trascuri di intraprendere un cammino che può portare ad amare e accettare se stessi, a prescindere dal giudizio altrui sul quale non si possiede alcun controllo.