Un segreto prezioso per fare una buona impressione sugli altri
Di Anna Fata
Tutti vorremmo essere ammirati, apprezzati, accettati, ben voluti, amati dagli altri. Tutti vorremmo fare una buona impressione ed essere ricordati positivamente da coloro che incontriamo. La famosa prima buona (o cattiva) impressione si gioca nell’arco di pochi millisecondi. E’ composta da un’infinità di percezioni sottili, per lo più non verbali, molte del quali non sono del tutto percepite in modo consapevole.
Il detto che non esiste una seconda occasione per fare una buona prima impressione si è dimostrata vera. Alcune ricerche hanno messo in luce che la prima impressione tende a stabilizzarsi e radicarsi dentro di noi al punto che anche successivi incontri difficilmente riescono a smentire in parte o in toto la prima impressione, nonostante ci possano essere dei dettagli in contrasto con il primo incontro.
A volte riusciamo a fare una buona impressione sull’altro, altre volte, nonostante gli sforzi e la buona volontà, ci riusciamo meno o per niente.
Molto dipende da come ci valutano gli altri.
Dentro di noi esistono delle teorie di “psicologia ingenua” che non sempre corrispondono alla realtà dei fatti. Una di queste teorie riguarda come pensiamo che gli altri ci valutino: queste teorie che interiormente ci siamo creati, secondo alcune ricerche condotte da Kimberlee Weaver e Colleghi, pubblicate su Journal of Consumer Research, si sono rivelate non del tutto corrette.
Secondo questi ricercatori esistono due modi in cui valutiamo qualcosa o qualcuno. Per fare questo creiamo una descrizione di qualcosa assemblando qualità e attributi che vengono combinati in vari modi per creare una valutazione globale.
Una strategia è additiva in cui gli aspetti positivi o negativi di ciascun attributo viene aggiunto per creare una valutazione. Più elementi positivi si aggiungono, più il risultato finale della valutazione sarà positivo.
La seconda strategia, invece, comporta calcolare la media. Ad esempio, quando si aggiunge un attributo sotto la media esso abbassa la valutazione complessiva. Pertanto, anche se pensiamo di migliorare la nostra immagine aggiungendo un dettaglio blandamente positivo, ma sotto la media rispetto alla valutazione complessiva, finiamo per abbassare quest’ultima.
Dove sta il problema?
Il problema sta nel fatto che, secondo i ricercatori, chi si presenta si avvale di una strategia additiva, cioè tende ad aggiungere diversi elementi positivi, ciascuno di peso differente, ma chi valuta si avvale di una strategia basata sul calcolo della media. Per tale motivo, mentre noi cerchiamo di migliorare la nostra immagine apportando numerosi e diversi elementi positivi, quando veniamo valutati da chi ascolta questo nostro atteggiamento finisce con l’abbassare la media della percezione positiva.
Si è visto che questo atteggiamento di valutazione lo abbiamo non solo per gli oggetti, ma anche per le persone.
La buona notizia consiste nel fatto che questo paradosso insito nelle nostre modalità di presentazione si può superare.
Avendo acquisito la consapevolezza che quando ci presentiamo agli altri tendiamo ad elencare il maggior numero possibile di caratteristiche positive di noi, ma invece chi ascolta si crea una impressione globale della nostra persona, può essere più utile d’ora in poi limitarci a focalizzare la nostra presentazione sulle qualità e le risorse migliori che riteniamo di possedere. In questo modo il giudizio globale, che si basa su valori medi di positività, potrà essere complessivamente più alto, senza rischiare di essere abbassato dalle qualità positive che però non raggiungono l’eccellenza.